Politica
Lega, quando Giorgetti cacciò Maroni. Le origini dello scontro di oggi
Lega, Giorgetti-Maroni: non è mai corso buon sangue. Ecco da dove nascono le divergenze
Bisogna andare indietro nel tempo di nove anni e tre mesi abbondanti, precisamente al 13 gennaio 2012, per comprendere fino in fondo i motivi alla base del livore tra Roberto Maroni e Giancarlo Giorgetti, protagonisti oggi di un clamoroso botta e risposta sul caso Siri e soprattutto sul caso dell'assunzione del figlio di Francesco Arata da parte del sottosegretario alla presidenza del Consiglio (vedi i box a lato).
In quella fredda serata di pieno inverno del 2012, il Consiglio nazionale della Lega Lombarda, guidata all'epoca proprio da Giorgetti, ratificò su ordine del segretario federale Umberto Bossi il divieto per l'ex ministro dell'Interno e del Welfare ed ex Governatore della Lombardia di tenere comizi e addirittura di entrare nelle sedi della Lega. Per capire, siamo alla fine del lungo regno del Senatùr sul Carroccio e qualche settimana prima della famosa notte delle scope di Bergamo, quando Maroni spazzò via Bossi, il cerchio magico e tutta la vecchia Lega.
Il ruolo di Giorgetti fu determinante. Fu proprio lui infatti a scendere in conferenza stampa in Via Bellerio a leggere il comunicato del consiglio nazionale della Lega Lombarda (cuore della Lega Nord) che passò alla storia come l'editto contro Maroni. A molti il contesto grigio e cupo ricordò il colpo di Stato in Unione Sovietica, quando il 19 agosto 1991 il comitato di salvezza nazionale annunciò di aver deposto Michail Gorbacëv. Poi come tutti sanno la storia andò diversamente, e - come Boris Eltsin salendo sui carri armati a Mosca fermò i golpisti - così la rivolta della base maroniana nella Lega costrinse il giorno dopo Bossi ad una clamorosa marcia indietro. Con una telefonata riparatrice, il Senatùr disse a Bobo di non tener conto di quanto successo la sera prima in Via Bellerio.
Peccato che l'ex ministro dell'Interno e del Welfare non abbia mai digerito la decisione di Giorgetti di metterci la faccia e di leggere il comunicato solenne davanti alle telecamere, che, di fatto, anche se solo per 24 ore, lo aveva buttato fuori dal Carroccio.
Ma c'è un secondo episodio, qualche mese dopo, che spiega molto bene la difficile convivenza tra Giorgetti e Maroni in Lega.
Il 5 aprile del 2012 in un drammatico Consiglio federale Umberto Bossi lasciò la guida della Lega sotto i colpi degli scandali e dei sondaggi sempre più negativi. Per qualche ora la notizia quasi ufficiale fu che al vertice del Carroccio sarebbe subentrato un triumvirato formato da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e e Giancarlo Giorgetti, da sempre l'uomo più vicino al Senatùr (che lo piazzò per anni alla presidenza della Commissione Bilancio della Camera) e l'unico che aveva il permesso della famiglia di andare a trovarlo nella clinica svizzera nei giorni più difficili della malattia.
All'improvviso, però, al posto di Giorgetti nel triumvirato entrò la veneta Manuela Dal Lago, quasi sconosciuta, al posto dell'attuale sottosegretario a Palazzo Chigi. I rumor dell'epoca spiegavano il passo indietro di Giorgetti con il fatto che sapesse i piani di Maroni, ovvero l'imminente notte delle scope di Bergamo (10 aprile 2012) e la conquista della segreteria. Quindi pur di non avallare l'ascesa di Bobo decise di farsi da parte.
Due eventi della storia del Carroccio che raccontano come non sia mai corso buon sangue tra Giorgetti e Maroni e che sono alla base dello scontro di oggi su Siri e Arata.