Politica

M5s, il caos di Roma nella giunta Raggi? Il tradizionale schema partitico

Marco Marturano

Nulla si inventa, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Le vacanze 2016 ci hanno portato una rassicurante conferma di uno dei più classici dei detti della politica italiana. Ci hanno portato cioè un reality show ambientato al Campidoglio con vaghe somiglianze con il Grande Fratello, dove settimanalmente la tensione aumenta intorno a quale dei componenti della nuova squadra di governo del Comune debba essere nominato (o si autonomini) per uscire dalla Casa dei Romani.

Molti prevedevano da mesi che la vittoria di Roma per il M5s potesse essere molto simile ad una Vittoria di Pirro (ovvero ad una vittoria sconfitta). Quello che non prevedevano era che, anzichè aspettare di scontrarsi con possibili errori o fallimenti nel tentare di rimettere in moto una città lasciata in ginocchio delle precedenti amministrazioni, il Movimento 5 stelle e il sindaco Raggi lavorassero così intensamente a schiacciare il pulsante dell'autodistruzione.

Alcuni opinionisti scrivono che si tratta di impreparazione amministrativa e di spirito di improvvisazione (corredati da una bella dose di arroganza): ingredienti di una ricetta politica che porterebbero a scegliere assessori con qualche precedente complicato (che un tempo avrebbe sollevato l'intero M5s sulla rete) oppure a decidere di dare allo staff e ai vertici amministrativi (capo di gabinetto, direttore generale....) stipendi che un tempo avrebbero fatto gridare dal M5s allo spreco. Il punto è forse invece un altro.

E' molto più semplice e insieme più complesso per il M5s. Quello che Roma dimostra con grande efficacia è che a dieci anni dalla sua nascita con il vaffa day quel M5s che ha cercato di rappresentarsi come un movimento di opinione permanentemente fuori dai contenitori classici della politica oggi si ritrova dove governa a rappresentarsi sostanzialmente identico a come ha rappresentato in questi 10 anni tutti i partiti tradizionali. Come e più dei partiti che dileggiava è diviso in correnti e gruppi di influenza plasticamente rappresentati dallo scontro tra l'amministrazione Raggi, il direttorio e i due leaders (Grillo e Di Maio). Come e più dei partiti che aggrediva e bacchettava può fare scivoloni su vicende che riguardano il passato degli assessori o dello staff che si sceglie o sull'entità degli stipendi che remunera e quindi dei costi della politica che fa sostenere ai cittadini.

Soprattutto (e questa è la questione più rilevante) il Movimento 5 stelle non è più un movimento ma è un partito che si è istituzionalizzato secondo uno schema che in sociologia ha genialmente costruito Francesco Alberoni circa 40 anni fa e che è servito a studiare tutti i fenomeni politici del 900 e del nuovo millennio. Lo schema di Alberoni ci insegna che tutti i partiti nascono movimenti civici e diventano partiti quando si professionalizzano e si strutturano per durare e sopravvivere alle onde di opinione. Tutti i movimenti secondo questo schema perdono una parte della loro idealità per acquisire più cinismo e realismo e per affrontare i problemi di cui si assumono la responsabilità soprattutto quando governano.

Ed è in questo processo che si perde la patina di diversità che tutti i movimenti tendono ad avere come motore dello stato nascente e che viene sostituita da regole e convenzioni che rendono più facili i compromessi, le mediazioni e in una parola il governo. Questa perdita della purezza e la trasformazione in partito non è del resto una novità per il Movimento 5 stelle. Le medesime vicende che si stanno verificando a Roma hanno toccato anche Livorno e Parma (solo per citare i due comuni capoluogo più simbolici dell'ascesa del m5s prima delle vittorie di Torino e Roma). La differenza rispetto a quei comuni è che Roma rende tutto milioni di volte più visibile e che, per quanto anche a livorno e parma ci fossero situazioni difficili delle città che hanno favorito la vittoria della diversità a cinque stelle, nessuna situazione difficile lo può essere quanto quella della capitale. E poi, mentre Parma veniva da quasi vent'anni di centrodestra e Livorno da 60 anni di sinistra, Roma veniva da due amministrazioni di colori diversi ma con risultati similmente negativi agli occhi dei cittadini e dei media.

Qualche tempo fa dopo le elezioni amministrative dicevamo che le due grandi novità della stagione politica che iniziava erano il posizionamento del M5s come nuovo partito favorito (e non più outsider) e il fatto che per la prima volta in una città si presenterà come partito di governo uscente (Parma appunto). Adesso a queste novità si aggiunge la trasformazione definitiva del M5s in partito di governo con le sue luci e le sue ombre, con la sua fallibilità e la sua normalità e soprattutto con la necessità di scendere dalla montagna da cui dettava la morale a tutti in nome della propria diversità. Roma ci porta nel secondo decennio di vita del M5S che lo trasforma nel P5S.