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Politica
Mattarella bis/ Moriremo democristiani. Salvini? Non il solo a fare errori

Mattarella bis, la proteiforme Dc è risorta dalle ceneri

La “seconda dose” (Belpietro dixit) di Sergio Mattarella al Quirinale smentisce il famoso titolo de “Il Manifesto” (“Non moriremo tutti democristiani”), che venne stampato sulla prima pagina del quotidiano comunista, diretto da Luigi Pintor, il 28 giugno 1983.

Dopo l’accantonamento dei governi Conte 1 e Conte 2 e la formazione dell’”esecutivo dei migliori” di Draghi, le nebbie si sono diradate e la proteiforme DC è risorta, prepotentemente, dalle sue ceneri.

Ormai possiamo archiviare l’urlo di Pintor, perché è certo: moriremo democristiani….

Al ritorno di Mattarella, che (di)giurerà giovedì e lascerà il Quirinale a 88 anni, vanno aggiunti l’ex socialista, Giuliano Amato, 83 anni, nuovo Presidente della Consulta, e l’ex forlaniano, “Pier Furby” Casini, 66 anni, in lizza fino al decisivo 29 gennaio, definito “il sabato delle salme” da Travaglio.

Insomma, gli attempati “campioni” della prima Repubblica hanno prevalso, nettamente, sui 40-50enni. Costoro-catapultati sul palcoscenico del teatrino non dai loro meriti, ma dall’eliminazione, per via giudiziaria, di quasi tutta la vecchia classe dirigente-si sono dimostrati incapaci di fare politica, a digiuno non solo delle sottigliezze delle tattiche e dei numeri parlamentari, ma anche dei principi generali, su cui si basa una democrazia occidentale. I partiti vanno rifondati e devono selezionare una classe dirigente migliore.

Anche i media hanno commesso molti… orrori. Hanno fatto credere ai lettori la propensione di Mattarella a tornare, subito, a Palermo. Invece, l’inquilino del Colle, seppure non ansioso di restare a Roma, ha disfatto, in fretta, gli scatoloni. 

E, dunque, riecco un vecchio politico, stimato (è eccessivo, tuttavia, accostarlo a Pertini), ma pur sempre l’interprete di una nuova stagione del cattocomunismo, che non ha mai detto una parola di critica verso i “poteri forti”.

Tra i leader, il più attaccato-in primis dagli osservatori della maratona di Mentana, tutti anti-salviniani-è stato il leader della Lega. Salvini, certo, ha commesso errori, ma ha candidato due donne, la Presidente del Senato (affossata dal suo partito, Forza Italia, allo sbando senza Berlusconi), e la Belloni, d’accordo con Letta e Conte, che poi ci hanno ripensato, spaventati dal niet di Renzi.

Enrico Letta, con il “catenaccio”, è riuscito a salvarsi dalla catastrofe, ma è apparso un “Re travicello”, troppo condizionato dai veti dei capicorrente del Pd e dalla debole guida di Conte del M5S.

Il governo? Da oggi, SuperMario, secondo Sallusti, diventerà un despota, altri pensano che potrebbe aspirare al Consiglio UE oppure a sostituire, nel 2024, la Von der Leyen. 

Per ora, resta a Palazzo Chigi, con un’immagine logorata e con un esecutivo più debole, anche se rientrerà il penultimatum del leghista Giorgetti…

 

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