Politica
Meloni e il piano per la trasformazione "trumpiana" dell'Europa. Addio all'asse Parigi-Berlino
La premier non vuole caos a Roma per guidare la svolta
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Le "bombe" trumpiane su Ucraina, Striscia di Gaza e non solo fanno il gioco della premier
Giorgia Meloni tace. Non dice nulla. Non commenta le quotidiane "bombe" di Donald Trump che puntualmente terremotano le cancellerie europee ogni mattina, considerando il fuso orario. Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron e l'uscente debolissimo Olaf Scholz cercano di reagire e promettono che risponderanno ai probabili dazi made in Usa. Ma non c'è niente da fare.
Ormai il mondo va da un'altra parte. Il tycoon in pochi giorni ha "sistemato" Messico e Panama con la minaccia delle cosiddette "tariffe" e sta mettendo con le spalle al muro i Paesi arabi amici primo fra tutti l'Arabia Saudita con il piano di svuotare la Striscia di Gaza dai palestinesi. Poi è stata la volta dell'Ucraina, che un giorno potrebbe addirittura "diventare russa", e il costo salatissimo in termini di "terre rare" che valgono 500 miliardi di euro.
Non a caso Zelensky ha subito cambiato registro e ha ammesso che nella trattativa Kiev cederà qualcosa a Mosca. Dichiarazioni impensabili solo fino a due mesi fa. Il punto è chiaro: l'Europa senza gli Stati Uniti non può continuare a sostenere Kiev nella guerra con armamenti e pagare un costo elevatissimo in termini di bollette di gas ed energia elettrica. E gli italiani lo sanno benissimo più di tutti gli altri europei. In questo scenario Meloni non si esprime per il momento ma apprezza la strategia di Trump, anche se dai toni eccessivi. Un mondo che cambia e un'Europa che deve e dovrà cambiare.
Basta con l'anacronistico asse Berlino-Parigi e con Bruxelles che decide sul diametro delle vongole o sulla lunghezza dei piselli. Serve una sorta di rifondazione, un patto tra popoli che tralasci la burocrazia e che si occupi dei grandi temi come l'intelligenza artificiale, e la sfida per ora è Washington-Pechino, l'Africa con il Piano Mattei e il contenimento dei flussi migratori anche con il progetto Albania che in qualsiasi modo per Palazzo Chigi dovrà andare avanti.
In questo scenario - assicurano da Fratelli d'Italia - per Meloni si apre un'autostrada con il suo rapporto diretto e ottimo con Trump ed Elon Musk, in prima fila a guidare il cambiamento dell'Unione facendo ombra alla Francia in crisi economica e politica e la Germania messa ancora peggio, in recessione e con un dopo elezioni (del 23 febbraio) che durerà moltissimo in termini di trattative per formare il nuovo esecutivo.
Per questo la premier vuole "aggiustare" i dossier interni - dalla ripresa del dialogo con la Magistratura con il nuovo presidente dell'ANM Cesare Parodi passando per il probabile cambio di ministro al Turismo -, proprio perché in casa non vuole avere troppe "rogne" e "gatte da pelare" per concentrarsi sui grandi temi internazionali. Guidando la trasformazione "trumpiana" dell'Unione europea che deve smetterla di occuparsi di vongole (classico esempio dell'inutile burocrazia di Bruxelles) e impegnarsi sullo scacchiere geopolitico mondiale, dalla Cina alla Russia, dall'Africa al Medio Oriente.
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