Opposizione: dopo le due manifestazioni di Roma e Torino non c'è più
Praterie per M5S a sinistra e Lega a destra
Oggi Angelo Panebianco dalla prima pagina del Corriere della Sera ha messo in guardia sui danni dell’attuale mancanza di una opposizione. Nel contempo, il nostro direttore Angelo Maria Perrino, ha firmato un acuto editoriale sui motivi per cui l’opposizione non ci sia.
Ed i motivi di questa scomparsa e impossibilità sono da ricercarsi non in astratte teorie politiche ma nei fatti, gli unici signori incontrastati degli eventi.
La manifestazione di ieri a Roma di Matteo Salvini e la contemporanea manifestazione di Torino dei No Tav (alla faccia delle “madamine” del Pd) chiudono qualsiasi possibilità al Partito Democratico.
La chiudono a destra perché la Lega occupa stabilmente il campo sovranista con i suoi portati di forza e dignità per una nazione, l’Italia, che da decenni è “calpesta e derisa” dai tecnocrati di Bruxelles. Lo chiudono a sinistra con i Cinque Stelle a presidiare tradizionali aree del Pd, come l’ambiente che Matteo Renzi ha colpevolmente trascurato, affidando il ministro allo sviluppista Gian Luca Galletti.
Non per niente invece Luigi Di Maio ha affidato lo strategico dicastero a Sergio Costa che si è fatto subito valere con azioni concrete ad alto impatto ambientale.
Senza dimenticare la misura del reddito di cittadinanza che nessun governo di sinistra aveva avuto il coraggio di varare; anzi, Renzi aveva rifilato ai suoi attoniti elettori il Job Act e l’abolizione dell’articolo 18 che manco Berlusconi al massimo del suo fulgore era riuscito a realizzare.
In questo momento dunque la compagine giallo - verde pare una corazzata inaffondabile e le critiche dell’opposizione hanno l’effetto di fiocchi di neve sparati contro il sole del deserto.
Per di più ci sono pezzi della sinistra vera (non il Pd), rappresentati ad esempio da Stefano Fassina che aveva definito la manovra economica giallo - verde “forte e coraggiosa”, aggiungendo che “la doveva fare il Pd”. Le sue parole meglio di qualunque saggio politico definiscono pienamente la cifra del fallimento del Pd che ha venduto l’anima al diavolo, nonostante i patetici tentativi di un Maurizio Martina di tornare nelle borgate dopo aver per anni privilegiato i ricchi centri storici, tradendo gli originari ideali.
Purtroppo Fassina poi, nonostante le belle parole, ha votato contro la manovra perché il governo non gli ha accolto alcuni emendamenti, ma quanto detto prima resta.
E il povero Nicola Zingaretti si ritroverà vincendo, un partito evanescente che non ha più uno spazio politico dove collocarsi.
I Cinque Stelle ora hanno una prateria davanti, potendo espandersi nelle zone rosse presidiate una volta dal Pd e quando il partito di Grillo se ne renderà conto (il ritorno di Alessandro Di Battista aiuterà la presa di coscienza) ci avvieremo finalmente ad una normale contrapposizione tra destra e sinistra, con la scomparsa storica del Pd dalla scena politica italiana.
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