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Padova, il caso del B&B occupato da abusivi: ecco perché va rafforzato il Ddl Sicurezza

L’innalzamento delle pene fino a sette anni di reclusione, rendendo più probabile la condanna al carcere per gli occupanti, può contribuire a garantire maggiore tutela ai proprietari

Di Jacopo Epifani

Dal b&b occupato a Padova un messaggio alla maggioranza: va rinforzato il d.d.l. “Sicurezza”

I fatti sono risaputi. A Padova, due persone hanno occupato per quasi un mese e mezzo un bed & breakfast appena aperto da un professionista in pensione. Prima hanno rifiutato di lasciare l’alloggio al momento del check-out, poi, dopo averlo abbandonato momentaneamente, hanno scassinato la serratura della porta d’ingresso. Da allora l’appartamento è divenuto colonia di una trentina di persone che, a detta di condomini e proprietario, si presentavano come "zingari", abbandonavano i rifiuti nel cortile e avevano eseguito un allaccio abusivo ai contatori delle altre abitazioni.

Soltanto il 3 dicembre le forze dell’ordine hanno liberato la casa con quella che ANSA definisce un’opera di "mediazione". Insomma: un copione tristemente noto, ennesimo episodio di una saga che ha stufato in tanti. L’unica variazione al tema – come vedremo, non di poco conto – è la destinazione dell’immobile occupato: una casa vacanze. E consola che stavolta il fine, se non lieto, quantomeno non sia stato disastroso. La maggioranza di governo aveva promesso un intervento a tutela di situazioni simili che è arrivato con il d.d.l. “Sicurezza”. Il testo del disegno di legge è stato approvato dalla Camera dei Deputati nel settembre scorso e, se sarà confermato senza variazioni dal Senato, diverrà presto legge dello Stato. Una buona notizia per i proprietari di casa, ossia per il 70% degli italiani? Non per tutti. Non – purtroppo – per chi versasse nelle stesse condizioni dello sfortunato pensionato padovano. Il nuovo reato introdotto dal d.d.l. Sicurezza e le incertezze sull’ambito applicativo.

Innanzitutto, il d.d.l. Sicurezza introduce, all’art. 634-bis, un nuovo reato: l’”occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” che commina pene da due a sette anni di reclusione. Pene decisamente più severe rispetto a quelle innocue previste dal reato di “invasione di terreni o edifici”, in forza del quale certi fatti sono stati sanzionati fino a oggi. Il comma 1 si compone di due capoversi. Il primo punisce chiunque occupi o detenga senza titolo, con minacce o usando violenza, soltanto un certo tipo di immobili: quelli "destinati a domicilio altrui". Dunque: vale solo per le prime case. Il secondo capoverso stabilisce che è punito con la stessa pena "chiunque si appropria di un immobile altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri". In un dossier congiunto sul d.d.l. Sicurezza datato 5 settembre 2024, i Servizi Studi di Camera e Senato hanno segnalato che "sulla base della formulazione letterale del testo, il secondo capoverso sembra riferirsi a tutti gli “immobili altrui” e non soltanto a quelli destinati a domicilio".

In sostanza, se l’occupante occupa l’immobile grazie ad artifici o raggiri (cioè: truffando il proprietario o chi per lui, come inizialmente accaduto a Padova), parrebbe – parrebbe! – potersi applicare il nuovo art. 634-bis anche laddove il proprietario non vivesse nella casa occupata. Tuttavia, il contenuto complessivo della disposizione è contraddittorio. Basti ricordare che il “titolo” (la cosiddetta “rubrica”) della stessa si riferisce solo a immobili adibiti a domicilio. I Servizi Studi hanno suggerito di "chiarire l’esatta portata normativa dei due differenti riferimenti". Ma se i parlamentari ascoltassero più spesso i consigli di chi lavora per loro il nostro sarebbe un Paese migliore, e infatti non lo è.

L’invito è rimasto inascoltato: vox clamantis nel deserto di Montecitorio. L’innalzamento delle pene fino a sette anni di reclusione, rendendo più probabile la condanna al carcere per gli occupanti, può contribuire a garantire maggiore tutela ai proprietari. Almeno fino a quando le democrazie occidentali non sapranno trovare pene alternative altrettanto efficaci nel neutralizzare la delinquenza (spoiler: non ci è riuscito nessuno, neppure gli scandinavi). Spesso sono gli stessi occupanti a ostentare la certezza dell’impunità nel farsi beffe di troupe televisive e proprietari. I limiti della nuova misura cautelare della reintroduzione nel possesso Tuttavia, lo strumento principale pensato dal d.d.l. Sicurezza per tutelare i proprietari è la “reintroduzione nel possesso”, una nuova misura cautelare reale che si aggiungerebbe a quelle già previste dal codice di procedura penale. Avrebbe permesso al nostro affittacamere padovano di limitare i danni e rientrare prima in possesso della sua casa? Difficile. Il nuovo articolo, il 321-bis c.p.p., disciplina tre diverse ipotesi ma nessuna sembra garantire tutela ai proprietari di seconde case. Vediamo perché: 1) prima ipotesi è che la restituzione al proprietario dell’immobile occupato avvenga tramite decreto del giudice per le indagini preliminari su richiesta del Pubblico Ministero. Poiché questa procedura sarebbe attivabile solo in caso di denunce presentate «ai sensi dell’art. 634-bis c.p.», sul suo campo d’applicazione valgono gli stessi dubbi espressi dai Servizi Studi, in generale, per la nuova norma penalistica. Restano sicuramente escluse le occupazioni di seconde case perpetrate con violenza e minaccia, mentre non è detto che vi rientrino le occupazioni di seconde case perpetrate con metodi truffaldini; 2) la seconda procedura, attivabile sempre «nei casi di cui all’art. 634-bis c.p.», è l’interruzione “d’urgenza” dell’occupazione direttamente da parte della polizia giudiziaria. Le forze dell’ordine devono recarsi senza ritardo presso l’immobile occupato e liberarlo, ma solo nel caso in cui esso sia "l’unica abitazione effettiva del denunciante". In altre parole: basta che oltre alla casa occupata il denunciante abbia a disposizione anche una stamberga, chissà dove, e tale procedura sarà preclusa; 3) al terzo e quarto comma, è disciplinato l’ordine immediato di liberazione dell’immobile laddove sussistano «fondati motivi per ritenere l’arbitrarietà dell’occupazione». In caso di rifiuto di liberare l’immobile o di far entrare le forze dell’ordine, nonché di assenza dell’occupante, la polizia giudiziaria può procedere anche di forza allo sgombero ma sempre dopo aver ottenuto l’autorizzazione scritta, orale o telematica del Pubblico Ministero.

Il testo del disegno di legge non limita espressamente questa procedura ai “casi di cui all’art. 634-bis c.p.”. Le leggi però non vanno lette rigo per rigo, ma nell’insieme, e nel contesto d’insieme anche quest’ipotesi sembra limitarsi ai soli casi che saranno punibili ai sensi del nuovo reato di cui all’art. 634-bis c.p. Quindi, con tutte le incognite già viste. Questa è anche l’interpretazione avallata dai Servizi Studi di Camera e Senato. Al netto dei dubbi sul campo di applicazione nelle novità normative, la debolezza principale del d.d.l. Sicurezza è un’altra. In tutti i casi in cui il denunciante abbia a disposizione un’altra casa (il 20% dei proprietari, il 14% degli italiani), infatti, la polizia giudiziaria non potrà mai procedere di propria iniziativa allo sgombero dell’immobile occupato e dovrà sempre attendere un provvedimento del magistrato prima di eseguire le operazioni. È qui il collo di bottiglia, è qui che il cittadino è abbandonato. Sottodimensionate, male organizzate, impegnate a costruire castelli accusatori per ipotesi di corruzione impropria che nel 63% dei casi si risolvono in assoluzioni (dati del Ministero dell’Interno, 2013-2016), le Procure non trattano questi affari con la tempestività che sarebbe necessaria. Il problema principale, infatti, non è nella legge che non fornisce strumenti adeguati. Al contrario, il codice di procedura attribuisce già oggi a giudici e pubblici ministeri i poteri necessari per ordinare lo sgombero immediato degli edifici occupati fin dalla fase cautelare, ad esempio disponendone il sequestro preventivo. Eppure, da Padova non abbiamo notizie di provvedimenti giudiziari successivi all’apertura dell’indagine, ed è passato un mese e mezzo. Lì le forze dell’ordine sono intervenute con un’opera di “mediazione”, che oggi può riuscire domani no.

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La soluzione per garantire tutela certa ed effettiva ai proprietari delle case occupate, prima che gliene resti un cumulo di macerie, è solo una: permettere alla polizia giudiziaria di agire di propria iniziativa, senza aspettare l’autorizzazione preventiva del magistrato, quantomeno nei casi più palesi (ad esempio, le occupazioni senza alcun titolo). Il Pubblico Ministero sarebbe chiamato a intervenire solo successivamente, con una convalida entro termini prestabiliti (di solito, 48 o 72 ore). Il d.d.l. Sicurezza prevede una soluzione del genere soltanto se il denunciante non ha a disposizione altre case oltre a quella occupata. E per gli altri? I sal(i)siani potrebbero lamentare che questa è una misura da “stato di polizia” (intendendo per tale un ipotetico stato dominato dalle forze dell’ordine, non lo ius politiae di illuministica memoria che dubitiamo conoscano). Ebbene, se così fosse, abbiamo una notizia: vi siamo già dentro, noi e ancor di più gli altri stati europei. Da decenni, in Italia, il codice di procedura penale dà alla polizia il potere, senza autorizzazione preventiva del magistrato, di smontare automobili alla ricerca di armi o stupefacenti e di mettere a soqquadro abitazioni o uffici alla ricerca anche di semplici prove. Al magistrato è chiesta solo una convalida successiva delle operazioni, entro termini prestabiliti che – strano a dirsi – siccome sono imposti dalla legge vengono quasi sempre rispettati. Perché ciò che è permesso per raccattare due fogli stampati A4, mezzo spinello o un’inutilizzabile pistola da collezione non può essere pensato anche per liberare le case (tutte le case) da chi le depreda, spesso minacciando salute e incolumità di eventuali condomini? Secondo El Economista, lo sgombero d’iniziativa della polizia è già realtà, e in tempi strettissimi, in Germania, Francia e Regno Unito. Non Cina, Bielorussia e Corea del Nord.

La sfortuna che ha colpito il pensionato padovano potrebbe essere una fortuna per tanti altri, perché ha reso evidenti due limiti del d.d.l. Sicurezza prima che diventi legge. Primo: l’obbligo di autorizzazione preventiva del magistrato. Secondo: la differenza di tutela tra case private (uniche, prime o seconde case) lascerebbe libertà d’azione, e margini d’impunità, agli abusivi. “Fatta la legge, trovato l’inganno” è adagio che vale soprattutto per chi di inganni ci campa. Senza uniformità di disciplina, agli occupanti basterebbe trasferire le loro attenzioni su abitazioni diverse e il dramma sarebbe spostato, non eliminato. Questa maggioranza ha dimostrato di non avere in gran simpatia i proprietari di bed &breakfast (che ne combinano tante…). Ma, insieme a Hegel e a tutela del patto sociale, ci auguriamo ne provi ancor meno per i delinquenti (che ne combinano di più…) e agisca di conseguenza.