Politica
Il Pd risponde a D'Attis: "Decaro essenziale per la lotta alla mafia a Bari"
Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico, replica alle durissime accuse fatte su Affari dal vicepresidente della Commissione antimafia
Ubaldo Pagano (Pd): "Decaro essenziale per la lotta alla mafia a Bari. Le parole di D'Attis? Falsità"
“L’uscita odierna dell’On. D’Attis ha davvero dell’incredibile, sia per la quantità di falsità che dice, sia per l’invidiabile capacità di nascondere e ribaltare verità che si conoscono da anni. Oggi afferma che la discussione è troppo incentrata sulla coppia Lorusso-Olivieri, come se non fossero loro due gli esponenti politici di spicco al centro dell’inchiesta che li vede imputati per scambio di voto politico-mafioso. Due personalità ben note nella politica barese. E infatti la consigliera Lorusso, insieme con la consigliera Ferri (raggiunta dalla stessa accusa nell’ambito di un’altra indagine), sono state candidate ed elette entrambe nelle liste che l’On. D’Attis e gli altri ipocriti compagni di coalizione hanno organizzato per sostenere il candidato sindaco di centrodestra nelle amministrative del 2019 contro Decaro". Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Partito Democratico, intervistato da Affaritaliani.it, replica alle accuse del vicepresidente della Commissione Antimafia Mauro D'Attis rivolte al primo cittadino di Bari.
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"Questa mattina D’Attis richiama disperatamente tutti all’ordine, forse perché si è accorto della reazione orgogliosa di un’intera città che non ci sta ad essere assoggettata, come la destra vorrebbe, a un sistema di collusione indiscriminata tra malavita e politica. Ci richiama all’ordine dicendoci di concentrare la nostra attenzione sulla municipalizzata AMTAB, perché è quello il vero centro di potere dei mafiosi. Ora, al netto delle verità che tutti auspichiamo emergano dal lavoro della magistratura, qui c’è un problema di fatti che vengono puntualmente omessi per pura strumentalizzazione politico-elettorale. Come ha detto bene il prof. Colaianni questa mattina su Repubblica Bari, il Procuratore della Repubblica ha già chiarito che nel corso delle indagini non sono emersi elementi che facciano supporre l’inquinamento dell’attività amministrativa.
Anzi, lo stesso Procuratore ha accertato che l’amministrazione comunale è stata costante nell’aiutare gli inquirenti a liberare la Città di Bari dai tentativi di condizionamento della criminalità organizzata. Si pone dunque un tema procedurale: siccome il Procuratore è parte integrante di quel Comitato per l’ordine e la sicurezza che il Prefetto deve convocare e sentire prima di chiedere al Ministro la nomina della commissione ispettiva, come si può pensare che quegli elementi di grave collusione con l’amministrazione, cui allude D’Attis, siano emersi solo in queste poche settimane e non negli anni di indagini penali che sono preceduti? Ecco perché la ricostruzione di D’Attis è strumentale e fantascientifica. Perché gli inquirenti hanno messo nero su bianco che l’AMTAB non risulta essere un’impresa collusa e “gestita dai clan mafiosi” come dice lui. Ma che, al contrario, l’AMTAB è un’impresa vittima dell’intimidazione della criminalità. E, per di più, anche se si dovesse dimostrare la connivenza della municipalizzata, il procedimento di scioglimento e commissariamento dovrebbe riguardare l’azienda, considerato che è comunque un soggetto autonomo, e non il Consiglio comunale o l’intera amministrazione.
Ma è evidente che a D’Attis non importa nulla di questi profili, perché il centrodestra è esclusivamente interessato a gettare fango su una giunta e su una Città che da anni combatte quotidianamente contro le mafie.
Nella parte finale della sua intervista riesce a rasentare il ridicolo. Dice che nel 2019 lui e Sisto sono stati “raggirati” dal centrosinistra, da Decaro ed Emiliano, che addirittura hanno “offerto” il candidato Di Rella usandolo come “cavallo di Troia” per vincere le elezioni. A parte la facile deduzione che se ne potrebbe dedurre sulle qualità politiche scadenti della classe dirigente di centrodestra coinvolta nel raggiro, le dichiarazioni suscitano ilarità e ben dimostrano l’imbarazzante ipocrisia del centrodestra barese. Occorre ricordare innanzitutto che Pasquale Di Rella era all’epoca presidente del consiglio comunale di Bari, eletto nel PD. Il centrodestra (e soprattutto Sisto e lo stesso D’Attis come documentano gli articoli di stampa) che già all’epoca era alla disperata ricerca di candidati credibili, “rubarono” Di Rella al centrosinistra e al Partito Democratico per avere qualche chance in più di vincere le elezioni. Questo fatto causò un vero e proprio sollevamento dei militanti del centrodestra barese contro i due dirigenti. Qualcuno, addirittura, invocò l’intervento di Berlusconi per fermare l’operazione, accusando Sisto e D’Attis di tradimento, di “incapacità gestionale” e di aver provocato “il suicidio politico” del partito, chiedendone le dimissioni.
La candidatura di Di Rella è stata piena responsabilità di D’Attis e Sisto. Abbiano almeno la dignità di ammetterlo. Come abbiano il coraggio di dire che in quegli stessi giorni si stavano accordando con Giacomo Olivieri per l’appoggio al centrodestra alle concomitanti elezioni europee del 2019.
Tornando al tema generale, dire che quello di Piantedosi è un “atto dovuto”, oggi, non ha alcun senso. Lo sarebbe stato se solo gli stessi parlamentari pugliesi, accompagnati dal Viceministro Sisto e dal Sottosegretario Gemmato, non avessero messo in piedi quel teatrino col Ministro stesso per chiedere pretestuosamente il commissariamento della città di Bari. Una messinscena degna delle più misere campagne elettorali. E invece è molto chiaro a tutti – ancor di più dopo le fortissime parole di ieri del Sindaco Decaro – che la nomina della commissione ispettiva non arriva sulla base di presupposti che trovano fondamento nelle attività di indagine, ma sulla necessità strettamente politica di infangare la giunta Decaro e rimandare le elezioni amministrative. In molti, in queste ore, hanno spiegato anche l’inutilità di una commissione del genere a pochi mesi dal rinnovo del consiglio comunale. L’ennesimo motivo che ci fa pensare che questa scelta non è stata dettata dalla conformità a leggi e procedure che giustamente si occupano di tenere lontane la mafia dalla cosa pubblica, ma dalla sola volontà di calunniare gli avversari politici e avere qualche speranza di vincere le prossime elezioni amministrative dopo 20 anni all’opposizione.
Infine, va specificato un punto: nessuno dalle parti di Forza Italia può permettersi di dare lezioni di moralità e di come si combatte la mafia. Sia ben chiaro a D’Attis e a tutti i suoi accoliti che noi non dimentichiamo, al contrario loro, tutto ciò di cui si è macchiato negli ultimi 30 anni il partito di cui fanno parte. Fondatori e aziende strettamente legate a quel partito sono state condannate più volte, con sentenza passate in giudicato, per aver finanziato e servito Cosa Nostra e altre organizzazioni criminali. Allora c’è da chiedersi: come fa D’Attis, e tutti gli altri esponenti di destra che in questi giorni sentiamo sbraitare, a guardarsi allo specchio in questi giorni? Come riescono a non vergognarsi dopo tutte le bugie e le accuse infamanti che continuano a muovere verso chi negli ultimi vent’anni ha lottato ogni giorno per cacciare i mafiosi da Bari e dalla Puglia?”
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Pubblicato sul tema: Bari, l’affaire Decaro e la linea della palma