Calciomercato povero? Non serve lagnarsi...
SERVE A POCO LAGNARSI DI UN CALCIOMERCATO POVERO IN ITALIA SE MANTENIAMO QUESTE REGOLE E QUESTA GESTIONE DEI DIRITTI TELEVISIVI
GAP TRA RISORSE A DISPOSIZIONE DELLE SQUADRE INGLESI-SPAGNOLE-TEDESCHE E DI QUELLE ITALIANE È DESTINATO A CRESCERE...
Con poche eccezioni, questo calciomercato italiano sembra iniziato in sordina. Anche nella fascia delle 5-6 squadre più forti, prevale un atteggiamento attendista, o spesso un’ondata piuttosto consistente di cessioni di giocatori importanti prima di provvedere a qualche acquisto.
Magari le prossime settimane ci smentiranno, ma la sensazione è che (Juventus a parte, con l'incognita della proprietà Suning dell'Inter, e lasciando da parte l'anomalia-Milan, con investimenti forti garantiti non dalla misteriosa proprietà cinese ma da un assai esoso e costoso fondo Usa che rivorrà indietro i suoi denari...) la gran parte delle società italiane siano in un limbo, in una stasi.
Moltissime sono esclusivamente preoccupate di mantenere l'attuale assetto proprietario (che garantisce ai presidenti visibilità mediatica per le loro ulteriori attività), e altre - quelle di fascia medioalta - sono essenzialmente desiderose di ghermire uno dei quattro ingressi previsti il prossimo anno in Champions League, ottenendo così qualche risorsa in più. Ma non tira aria di grandi investimenti, anzi.
La mia sensazione è che il gap tra le risorse e le capacità di spesa delle nostre squadre da un lato, e dall'altro di quelle inglesi-spagnole-tedesche, sia destinato ad aumentare a nostro sfavore. Con squadre anche di fascia media e mediobassa di quei campionati che disporranno di risorse molto maggiori anche delle nostre "top".
Serve una riflessione di fondo. Sarà impopolare, ma io resto convinto che serva una revisione radicale (in senso meritocratico, non egualitarista, non pauperista) della distribuzione dei diritti televisivi. Per un verso, bisogna vendere meglio all’estero il nostro campionato, e quindi allargare la torta dei diritti tv. Per altro verso, senza preoccupazioni socialisteggianti, occorre trovare il modo di premiare le squadre più forti, per dar loro gli strumenti per competere meglio anche in Europa. Del resto, dubito che in Cina o nell'Africa subsahariana qualcuno sia interessato (con rispetto parlando) a vedere Chievo-Pescara: il nostro campionato è e sarà meglio vendibile in funzione di un'ulteriore crescita della Juventus (che per la verità si è data una strategia da sé), del Milan, dell'Inter, del Napoli, della Roma, e così via.
Se non si fanno cose del genere, avrà poco senso - poi - lagnarsi se le squadre italiane continueranno a investire poco...
Daniele Capezzone
Deputato Direzione Italia