Palazzi & potere
"Dago in the Sky": passi fondamentali nell'era dei nuovi media

Aldo Grasso sul Corriere della Sera elogia il programma di Roberto D'Agostino
«Dago in the Sky», giunto intanto alla terza stagione, è uno dei pochi programmi ad aver capito che il totem che per molti anni ha rappresentato il punto focale delle nostre case si sta piano piano «smaterializzando» e ibridando con nuovi mezzi di comunicazione, con internet e i nuovi media (Sky Arte, martedì, ore 21.30).
La condizione post-televisiva (il passaggio dall' analogico al digitale, dal mondo come rappresentazione alla rappresentazione come mondo) è incertezza, disincanto, mescolanza e tramonto delle gerarchie, e non prevede più fondamenti solidi in nessun ambito dell' esistenza, dalla sfera pubblica a quella privata e affettiva, scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera.
Per affrontare un simile rivolgimento, Roberto D'Agostino e Anna Cerafolini hanno compiuto tre passi fondamentali. Del buon uso degli ospiti. Al di là delle sintonie personali, gli esperti intervistati hanno qualcosa da dire. Per esempio, nell' ultima puntata dedicata all' opera lirica (il melodramma è ancora una componente fondamentale della cultura contemporanea?) sono stati interpellati Alberto Mattioli, Damiano Michieletto, il più importante regista lirico italiano, già ospite di Mika, e Carlo Fuortes. Del buon uso dei temi.
Gli argomenti affrontati, specie quelli della terza stagione, sono la somma del non detto dei talk, sono quello che poteva essere Rai5, sono cultura pop. Del buon uso del linguaggio. L' aspetto più curioso della trasmissione è il tentativo linguistico di tendere al limite e provare l' eccesso registico. Un neobarocco televisivo che mostra un andamento doppio. Lavora sugli effetti digitali ma si configura in perenne sospensione, non tende a produrre ribaltamenti. È «uno sparpagliare che elude il centro del discorso», secondo l' aurea definizione di Barthes. Se la parola rassicura, l' immagine rimanda alla complessità e al disordine dei tempi.