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Palazzi & potere
Le pagelle di Palazzi&Potere: vero e falso nella politica italiana

A cura di Pagella Politica

 

A giugno la politica si è occupata soprattutto delle elezioni amministrative e dei risultati che i vari partiti hanno ottenuto. Stiracchiando la verità a proprio vantaggio diversi esponenti politici hanno finito col dire delle inesattezze se non proprio delle falsità.

 

I falsi

1. Renzi e il PD “primo” per sindaci vittoriosi

Matteo Renzi, commentando i risultati dei ballottaggi delle elezioni comunali del 25 giugno ha scritto il giorno dopo su Facebook, tra le altre cose, che “nel numero totale di sindaci vittoriosi siamo avanti noi del PD”.

Non è vero. Se guardiamo a tutti i 1.004 comuni al voto, e a quanti di loro avevano un simbolo dei movimenti politici maggiori sulla scheda, il PD ha ottenuto al primo turno 29 vittorie, contro le 25 della Lega Nord (contando sia quelle ottenute da sola che quelle in coalizione con Forza Italia, che in questo conteggio si fermava a 17).

Al ballottaggio i democratici sono risultati vittoriosi in 27. La Lega Nord ha invece vinto, da sola o in coalizione con Forza Italia, in 33 comuni. Forza Italia, sempre sommando le vittorie ottenute in coalizione con Salvini alle altre, in 37.

Sommando dunque i comuni in cui il PD ha vinto, tra primo e secondo turno, il totale risulta essere di 56. La Lega Nord conquista invece 58 comuni, e Forza Italia 54.

2. Raggi e il M5S in crescita

Il sindaco di Roma, commentando i risultati del primo turno delle elezioni comunali nel corso di una conferenza stampa del 21 giugno, ha dichiarato: “In Italia abbiamo assistito a un fenomeno di crescita M5S dappertutto”.

Anche in questo caso, si tratta di un’affermazione criticabile. Virginia Raggi prende infatti come pietra di paragone i risultati del 2012, e non quelli delle ultime amministrative svoltesi nel 2016.

Guardando a queste ultime, è evidente il calo del M5S. Nel 2016 infatti il Movimento aveva vinto in 23 comuni, mentre all’epoca dell’affermazione della Raggi solo in 2, andando al ballottaggio in 10. Anche ipotizzando una vittoria in tutti i secondi turni – alla fine sono state 8 su 10 – il totale risulta comunque inferiore.

3. Salvini e la Lega che “batte sempre” Forza Italia

Il segretario della Lega Nord, in un’intervista uscita il primo luglio su la Stampa, ha dichiarato che “In tutti i comuni il primo movimento del centrodestra è la Lega”.

Si tratta di un’affermazione falsa. Siamo andati a vedere in quali comuni c’è stata una sfida diretta, cioè quelli in cui era presente una lista della Lega Nord o di Noi con Salvini distinta da quella di Forza Italia (in diversi comuni, entrambi i partiti appoggiavano una stessa lista). I risultati sono disponibili in questo documento.

Abbiamo considerato i risultati del ballottaggio, per i comuni in cui l’elezione si è decisa al secondo turno, oppure i risultati del primo turno se il voto si è concluso con un’elezione diretta. Il duello c’è stato in novanta comuni. In questi, la Lega Nord ha ottenuto più voti di Forza Italia in circa due terzi dei casi (58 contro 32, il 64,4 per cento). Dunque non “in tutti i comuni” come dice Salvini.

 

I veri

Tra le affermazioni corrette di giugno ci sono ad esempio quella di Fico (M5S) sul reddito di cittadinanza, provvedimento finito al centro di uno scontro col PD, una di Brunetta sull’economia italiana – in ripresa, ma comunque ultima in Europa per crescita – e una di Padoan sulla questione “banche venete”.

1. Fico e il reddito di cittadinanza

Il capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, Roberto Fico, ha dichiarato il 10 giugno: “La proposta di Reddito di Cittadinanza del MoVimento 5 Stelle secondo l’Istat costerebbe 14,9 miliardi di euro e non 62, come dichiara il porta menzogne di Renzi, il parlamentare Pd Anzaldi. È stato infatti proprio l’Istat nel 2015 a scrivere nero su bianco che il costo sarebbe di 14,9 miliardi di euro. Anzaldi studi i documenti dell’Istat”.

La polemica nasceva da un’intervista di Luigi Di Maio al Corriere della Sera, in cui sosteneva che il reddito di cittadinanza avrebbe riguardato “9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà”. Secondo Anzaldi per un tale numero di beneficiari sarebbero serviti, appunto, 62 miliardi.

Abbiamo verificato che i conti dell’Istat in questione riguardano una misura che si applichi a 2 milioni e 760mila famiglie, cioè il totale di quelle che avevano un reddito inferiore alla linea della povertà relativa secondo gli ultimi dati allora disponibili. Il numero di famiglie in effetti equivale all’incirca a 8,3 milioni di persone, un poco meno dei 9 milioni citati da Di Maio.

Dunque, se si specifica che “circa 9 milioni” sarebbero i beneficiari diretti e indiretti – cioè non verrebbero elargiti 9 milioni di redditi di cittadinanza distinti – Fico ha ragione sui numeri.

2. Brunetta e la crescita del Pil italiano

Commentando la recente decisione del Fondo Monetario Internazionale di rivedere al rialzo – da +0,7% a +1,3% – la stima di crescita del Pil italiano per il 2017, Renato Brunetta, il 13 giugno ha dichiarato: “Anche dopo la pubblicazione del Fondo, l’Italia rimane il fanalino di coda tra i Paesi europei, alle ultime posizioni per crescita”.

Brunetta ha ragione: per quanto incoraggiante, la decisione del Fondo Monetario Internazionale non toglie l’Italia dal fondo delle classifiche europee (il confronto con gli altri Stati, per mancanza di dati uniformi del Fmi, è stato fatto sulle più recenti previsioni di Eurostat).

3. Padoan e le banche venete

Il ministro dell’Economia, rispondendo in conferenza stampa a una domanda specifica sul provvedimento con cui sono state salvate le due banche venete, ha dichiarato lo scorso 25 giugno che i cinque miliardi erogati dallo Stato “sono cifre che non impattano sull’indebitamento. Quindi non c’è un problema di flussi di finanza pubblica che vengono alterati da questa operazione. Sono finanziate da risorse già legislate, che sono tratte dal provvedimento di dicembre sulla ricapitalizzazione precauzionale. L’impatto sulla finanza pubblica non c’è”.

Padoan ha ragione. l provvedimento di dicembre a cui fa riferimento Padoan è il decreto legge n. 237 del 2016, noto anche come “salva banche”, che aveva stanziato risorse – finanziate col debito pubblico (art. 27) – per 20 miliardi di euro (art. 24).

Qui si prevedeva (art. 27) che “per l'anno 2017, il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa […], nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici […], sono rispettivamente incrementati di 20 miliardi di euro”.

L’impatto sul debito pubblico, insomma, ci sarebbe già stato.

 

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