Palazzi & potere
M346, un biposto per Putin e Trump
Le disavventure commerciali di un gioiello aeronautico nazionale
Nel bel mezzo di un incontro bilaterale a Palazzo Chigi nel 2002, il presidente Putin estrasse dai suoi appunti una nota su un foglietto e, con l'aria di chi parlasse di qualcosa senza esserne appieno padrone, chiese al presidente Berlusconi di propiziare la prosecuzione di una joint venture a suo tempo avviata da Yakovlev ed Aermacchi per lo sviluppo e la produzione di un velivolo da addestramento militare avanzato.
Berlusconi, anche lui comprensibilmente a digiuno della materia, chiese aiuto con lo sguardo alla delegazione seduta al suo fianco, in fila sul divano, ed ottenne le spiegazioni e la risposta volute, promettendo a Putin il suo interessamento.
Poi non se ne fece nulla, Aermacchi rifiuto' con perentorietà la proposta ed andò per la sua strada con l'addestratore nazionale, lo M346 Master, (rinunciando probabilmente ai promettenti mercati che Putin avrebbe aperto all'addestratore italo russo).
Ripensando all'episodio di quindici anni fa, non si può non correlarlo all'incontro dello scorso 20 aprile tra il presidente Gentiloni e Donald Trump e chiedersi se l'argomento M346 possa aver avuto un posto nell'agenda del recente vertice di Washington.
Si, perché Leonardo Finmeccanica si è, con l'ultima amministrazione, ridotta ad un tentativo ormai piuttosto arduo di piazzare 350 velivoli alla US Air Force competendo attraverso la controllata DRS contro due giganti dell'aerospazio, Boeing e Northrop Grumman, uno dei quali, il primo, è da un po' di tempo a bocca asciutta nel panorama statunitense delle grandi commesse.
Ecco appunto che, se oltre a prendere diligentemente nota dei compiti da fare a casa, dal ministrone riscaldato di un maggiore impegno nella NATO, ad un ruolo più oneroso in Libia, Iraq e contro il terrorismo, il presidente Gentiloni avesse chiesto anche un giusto ritorno per la lealtà e la generosità con cui abbiamo sempre accompagnato l'alleato di oltre oceano ad ogni chiamata, segnatamente dalle Torri Gemelle in poi, forse l'operazione miliardaria dell'addestratore per l'aviazione a stelle e strisce avrebbe qualche chance in più di successo. Questo sempre che la nostra industria non abbia già gettato la spugna sul ring statunitense, premendo sul più abbordabile cliente nazionale, la nostra aeronautica, e si sia guardata dal chiedere al Presidente del Consiglio di evocare l'argomento nell'incontro di vertice.
Magari non sarebbe stato neanche inappropriato ricordare al presidente Trump la delusione italiana per il voltafaccia, tanto inaspettato quanto protervo, inscenato dal Pentagono per la fornitura degli elicotteri presidenziali US101 di Agusta Westland ed il velivolo da trasporto tattico C27J, due veri gioielli della tecnologia aeronautica snobbati dai nostri amici quando le trattative commerciali erano ad un passo dalla conclusione.
È troppo sperare che un giorno o l'altro la politica di casa nostra cominci a reclamare il giusto dividendo per la nostra inconfutabile e ricorrente generosità di partecipazione o semplicemente ad improntare i propri comportamenti a criteri di reciprocità?
Forse questo è il momento più propizio, visto che il nostro maggiore alleato, oltre a rivendicare per la spesa l'esclusività del prodotto nazionale, continua pedantemente a pretendere che gli altri adempiano senza troppe storie agli impegni assunti e facciano fronte in maniera più attiva alle responsabilità della propria sicurezza regionale.
Gen. Leonardo Tricarico
*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa