Palazzi & potere

Più crescita e lavoro con le riforme costituzionali: parla Gianfranco Librandi

Per americani, cinesi, tedeschi e altri, l’Italia sta affrontando un importante periodo di riforme sociali, economiche e istituzionali.
 

Cosa vota al referendum del 4 dicembre?

Voto Sì come cittadino elettorale, dopo aver votato convintamente Sì alla riforma nella sua approvazione parlamentare. Capisco che non tutti abbiano la stessa coerenza tra prima e dopo…

 
Si riferisce alla minoranza del Partito Democratico?

A loro certamente, ma anche al centrodestra che ha votato Sì alla prima votazione, su una riforma promossa congiuntamente da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Questa riforma è attesa da almeno 30 anni ed è stata più volte chiesta e proposta da tutti i partiti politici.

 

E perchè ora sembra che il NO sia in vantaggio nei sondaggi?

Due cause, devo dire. Anzitutto, un piccolo errore di “gioventù” del presidente del Consiglio, con la famosa questione della personalizzazione. Poi, la seconda, riguarda la natura stessa dei sondaggi: quando vengono chiamati al telefono, gli italiani rispondono di pancia, credono che la politica sia più lenta di quanto sarebbe necessario e usano un No di protesta. Ma quando si tratterà di entrare nell’urna, le cose potrebbero essere molto diverse. Negli ultimi giorni, entrerà in gioco la testa, non solo la pancia.

 

Tre messaggi semplici da rivolgere agli indecisi.

Ne basta una solo: l’obiettivo primario della riforma costituzionale è aumentare le opportunità di crescita e di lavoro per gli italiani. Il taglio dei costi della politica è importante, ma l’elemento cruciale è la riforma del Titolo V. Tornano allo Stato competenze fondamentali come le politiche attive del lavoro, le infrastrutture, l’energia e il turismo. Si tratta di ambiti dove una politica unitaria e omogenea può rendere più facili gli investimenti privati, nazionali e internazionali. Sul tema del lavoro, poi, si tratta di superare i fallimentari sistemi di formazione e riqualificazione professionale messi in piedi dale Regioni.

 

E’ una bocciatura del federalismo?

Federalismo? Quale federalismo? L’attuale Titolo V, in vigour dal 2001, è un riparto di competenze pasticciato, frutto dell’influenza esercitata dalla Lega Nord sia sul vecchio centrodestra che sul vecchio centrosinistra. Sono anni che contesto questa visione, la mia Unione Italiana nacque proprio per contestare certi errori del leghismo. E’ con la riforma che possiamo invece promuovere la competizione sana tra le Regioni: quelle virtuose, con i conti in ordine, potranno avere più competenze in materie come commercio estero, lavoro e politiche sociali.

 

Perchè la maggioranza ha votato contro la proposta del M5S di tagliare gli stipendi dei parlamentari?

Perchè quella proposta era finta e indefinita, non aveva criteri chiari e aveva come unico scopo quello di fare propaganda. Personalmente potrei anche rinunciare all’indennità di parlamentare, per fortuna il mio lavoro mi permette di far politica per passione e non per interesse, ma non è giusto che di politica si possano occupare solo i benestanti. Il tema è serio e va affrontato con serietà. Leghiamo le indennità alle presenze, come ha proposto Renzi. Poi a Luigi Di Maio, se i soldi non bastassero, potrei anche fare un prestito… finchè non trova un lavoro adeguato alle sue capacità.

 

Che succede al governo se vince il NO?

Vince il Sì…

 

Va bene, ma facciamo l’ipotesi…

Se dovesse vincere il No, ci dovremmo rimboccare le maniche e lavorare con responsabilità per evitare all’Italia una fase di instabilità e ingovernabilità. Ma sono abituato a ragionare diversamente: fino al 2 dicembre a mezzanotte, c’è da convincere ogni singolo elettore che l’Italia va cambiata e modernizzata anche attraverso la riforma costituzionale. Il dopo lasciamolo al dopo: se vogliamo una nuova politica, dobbiamo anche abbandonare questa cattiva abitudine di fare sempre calcoli e speculazioni sul futuro.

 

I suoi clienti stranieri le hanno chiesto della riforma costituzionale?

Per americani, cinesi, tedeschi e altri, l’Italia sta affrontando un periodo di riforme sociali, economiche e istituzionali. Ai loro occhi c’è una linea di continuità tra Monti, Letta e Renzi. A quest’ultimo riconoscono il merito di aver impresso una marcia in più. Dunque dicono: “non vi fermate ora, abbiamo bisogno che l’Italia sia una locomotiva, non un vagone a traino”.