Palazzi & potere

Roberto Ruggiero, legale di Mach di Palmstein e Fondazione Craxi dice che...

Affaritaliani intervista l'Avvocato Roberto Ruggiero

Roberto Ruggiero, l'"Avvocatissimo" come lo chiamano nell'ambiente, una vita passata indossando la toga e osservando da un punto di vista privilegiato i cambiamenti socio-politici del Bel Paese. E' l'avvocato che nel clima infuocato di tangentolpoli è riuscito a far assolvere, 6 volte in 6 processi, Mach di Palmstein (arrestato a Parigi) obbiettivo primario di mani pulite: ha subito sei processi ma è stato sempre assolto (compreso il faccia a faccia su denuncia dello stesso di Pietro che lo riteneva il famoso "Mister X").

Dal processo di Califano al Number One alla denuncia del Giudice Carlo Palermo alla targa Onorifica consegnatagli dal Consiglio Forense, Ruggiero è da sempre in prima linea nella difesa dell'inviolabilità del primario diritto alla difesa.

 

Bettino Craxi è certamente una figura di primo piano della storia politica italiana, a distanza di tanti anni fa ancora parlare di sé, quale è allora il suo giudizio sulla figura di Craxi?

"Tanti anni fa, durante una conferenza dei Paesei mediterranei, Craxi pose l'accento sullo sviluppo demografico dell'area nord-Africana in relazione alla denatalità dell'Europa, questo secondo Bettino avrebbe generato inevitabilmente una spinta migratoria verso le nazioni europee, una vera e propria bomba demografica.

Ho rievocato questo episodio perché è di un'attualità disarmante; questo era Craxi, un uomo capace di leggere il presente guardando al futuro, non era un politico, era uno statista e tutto quello che disse si è poi verificato.

Ma ci ricordiamo di Sigonella?

Potevamo sentirci fieri di essere italiani, potevamo, ricordando anche una lezione di don Giussani, sentire un senso di appartenenza, ora si può dire lo stesso? Non credo proprio.

Politicamente uno dei pochi errori di Craxi fu quello di non risolvere l'eterna diatriba tra socialisti e comunisti, subito dopo il crollo del Muro di Berlino avrebbe dovuto pressare per indire nuove elezioni ma non lo fece perché pregato da Occhetto."

 

Secondo lei, a distanza di tanti anni, che cosa è restato dei fatti del 1992? Gli effetti di quelle inchieste che in qualche modo decapitarono la politica italiana si ripercuotono sull'attuale contesto?

"Dal 1992 in poi è iniziato lo sfacelo della nostra classe dirigente, una vera e propria decomposizione del sistema politico italiano. Senza addentrarmi nelle dinamiche processuali e analizzando solo il livello politico credo sia palese come, col passare degli anni, il livello della nostra classe dirigente sia andato man mano calando e con questo anche la qualità della nostra democrazia. L'attuale sistema spesso privilegia i peggiori, quelli che fanno politica per interesse e parallelamente penalizza ed allontana i migliori, le energie competenti di questo Paese hanno il terrore di entrare nel mondo politico e se ne tengono ben alla larga. Bisoga anche dire che una democrazia così, con la sovrapposizione dei poteri, con un Presidente emerito della Repubblica che spesso ha ben più che travalicato i confini del suo ruolo e con Governi formati da persone senza alcun tipo di competenza e capacità rischia, se non è già accaduto, di trasformarsi in una "demofregatura".

 

La politica italiana ha perso anche buona parte della sua capacità decisionale, non riesce a stare al passo con le pressioni economiche e sociali e quindi, spesso, nel vuoto decisionale che la classe dirigente ha creato subentra il potere giudiziario, sembra quasi un circolo vizioso...

"L'argomento è molto interessante e molto complesso, semplificando il ragionamento direi che negli ultimi anni il potere giudiziario e il potere politico, ossia quello legislativo e quello esecutivo, sono a volte miscelati in uno strano incesto, esempi lampanti sono i vuoti legislativi riempiti dalle sentenze dei giudici; la responsabilità della cosa però è da imputare in primis al mondo politico, il vuoto da riempire viene infatti da lì.

Un altro episodio interessante è quello relativo al prolungamento del mandato di alcuni vertici della magistratura, episodio che solleva qualche dubbio sulla sua costituzionalità e l'unico che ha accennato un moto di protesta, almeno inizialmente, è stato Davigo, ora però, mettendo il tutto in relazione con alcune inchieste con risvolti politici qualche domanda sul perché di quelle proroghe sorge spontanea."

 

Insomma, possiamo dire che il suo giudizio sulla politica italiana non è positivo, anzi.

"Assolutamente, è più che negativo.

Ma è anche negativo il giudizio che do alla magistratura, il magistrato italiano vive un una situazione di privilegio inconcepibile, è una figura inamovibile nell'ordinamento giudiziario, può fare politica attivamente e poi ritornare al suo ruolo in magistratura senza problemi, su questo si è espresso anche il Consiglio d’Europa chiedendo di limitare i giudici in politica. Tornando al mondo politico lo specchio della nostra classe dirigente è la legge elettorale, l'unico obiettivo evidente di tutte le discussioni e di tutte le alleanze parlamentari non è il bene del Paese e neppure la stabilità del futuro esecutivo bensì il mantenimento dello status quo con tutto quello che è collegato in termini di tatticismi, equilibri e compromessi.

Quel 50% di non votanti rappresenta, in parte, una scelta di campo precisa, sono cittadini stanchi e nauseati da un sistema che ha sostanzialmente svuotato il voto del suo valore, un sistema autoreferenziale che li ha maltrattati per anni. Forse la mia è un'utopia ma sogno un sistema elettorale che comprenda anche una sorta di bocciatura, in quest'ottica le forze politiche o i rappresentanti politici che dovessero raccogliere più voti contrari che favorevoli non risulterebbero eletti, per il mio pensiero democrazia è anche quando al cittadino è concesso un voto di opposizione al sistema."

Giacomo Tamborini