Palazzi & potere
Scotti: "Noi senza padroni". La Link University compie vent'anni
Scotti, pronti per affrontare le nuove sfide
La Link University compie vent'anni. "Un'università senza padroni", l'ha definita il suo presidente, Vincenzo Scotti, durante l'inaugurazione dell'anno accademico. L'ex ministro dc nel suo discorso ha rivendicato la capacità di essere in sintonia con questi tempi nuovi, nei quali "la leadership europea ha fatto registrare, paura, incertezza e una carenza di visione e di strategia politica, indebolendo la ragion d'essere della coesione e del ruolo che i padri fondatori avevano indicato per l'Europa".
"Da oggi - ha detto Scotti - si avvia un secondo ciclo e dobbiamo guardare al futuro per collocare le strategie della ricerca e della formazione della nostra Link Campus, consapevoli delle sfide dell'orizzonte percepibile. Se nei vent'anni passati il tema dominante nella nostra strategia è stato quello della scienza e soprattutto della tecnologia, oggi questo acquista nuove connotazioni all'interno della competizione tra Stati Uniti e Cina e del cambiamento climatico e, per quello che ci riguarda, dell'affacciarsi dell'Africa sulla scena mondiale e in particolare nell'area euro mediterranea. Queste sfide metteranno ulteriormente a dura prova i vecchi equilibri geo politici, compreso il ruolo del Vaticano a cui abbiamo deciso dato in questi anni un particolare focus di ricerca".
IL PRESIDENTE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “LINK CAMPUS UNIVERSITY”
Prof. Vincenzo Scotti
A tutti i Rettori e ai loro rappresentanti, a tutte le Autorità Civili, Militari e Religiose, agli autorevoli Capi di gabinetto ed a tutti gli amici della Link Campus University, a nome di tutta la comunità accademica, della presidente della società Gem e della University Press, un sentito ringraziamento per aver accettato il nostro invito ed un cordiale benvenuto in questo antico casale che da tre anni abbiamo scelto come sede del nostro campus.
Alla metà del secondo millennio, questa è stata la residenza estiva di Antonio Ghisleri, Papa san Pio V, un pontefice dalla forte personalità vissuto in tempi di profondi cambiamenti epocali. La scienza rivendica la sua libertà e l’autonomia della ricerca, e si avvale della diffusione delle sue scoperte, a partire da quella rivoluzionaria della stampa con il passaggio dal rotolo al libro. Nel cuore dell’Italia esplode il Rinascimento che lascerà una immensa eredità di cultura di arte e di politica. È il periodo in cui la Chiesa cattolica affronta sia la minaccia esterna dell’egemonia ottomana sia le fratture interne dello scisma luterano. L’Italia, nel frattempo, è divisa e ci vorranno secoli prima che imbocchi la strada della sua unificazione politica con la costruzione di uno stato moderno. Questo Casale ricorda ai nostri docenti e ai nostri studenti che se vogliamo essere una università del futuro dobbiamo essere consapevoli della nostra storia e dobbiamo avere presente - sempre - il monito del grande storico Braudel: “per essere bisogna essere stati”.
Quando siamo nati, all’alba del terzo millennio, avemmo contezza che il futuro era più vicino di quanto lo potevamo immaginare ed i cambiamenti erano e sarebbero stati sempre più rapidi e profondi. Eravamo consapevoli del fatto che quando i nostri primi studenti avrebbero completato il loro ciclo di studi si sarebbero trovati di fronte a un mondo diverso, con offerte di lavoro diverse da quelle aspettative che nutrivano come matricole. Quindi dovevamo attrezzare l’università a questa sfida ed avere una visione del futuro e organizzare una ricerca e una didattica che preparassero i nostri studenti ad affrontare compiutamente i cambiamenti ed adattarsi alla flessibilità e alla complessità. Potevamo solo immaginare da lontano le nuove professioni e la trasformazione delle vecchie professioni, ma una cosa intravedevamo con lungimiranza: che agli studenti andava insegnato un metodo, che la ricerca e la didattica dovevano essere sempre più transdisciplinari e internazionali. La formazione di una classe dirigente doveva basarsi sempre più su un sapere critico, su una capacità di utilizzare i diversi saperi per tentare di dominare la complessità delle problematiche da affrontare e la dimensione sempre più globale con cui queste si sarebbero manifestate.
Già allora avevamo intuito il ruolo che avrebbero avuto le nuove tecnologie informatiche, il mondo virtuale e la rete, con la rivoluzione della comunicazione digitale e della logistica, nella intermediazione tra produttore e consumatore. Mentre avanzava il mondo virtuale, nessuno poteva immaginare che in meno di venti anni sarebbero nati negozi senza “casse” dove i clienti sarebbero potuti entrare, scannerizzare il codice fornito da un app dedicata e collegata al proprio account, prendere i prodotti desiderati e uscire con il prezzo addebitato automaticamente sul proprio conto grazie a un sistema di sensori e di telecamere accoppiato con un algoritmo dedicato. Negozi dove i pochi dipendenti reali avrebbero avuto l’intelligenza virtuale come capo.
Nel 1999 eravamo all’alba. Le nuove tecnologie, le nuove reti di comunicazione, 5G e fibra, ed i nuovi servizi digitali che si basano sull’intelligenza artificiale, Big data, claud, blockchain, robotica sono oggi al centro dei cambiamenti e tali sfide apriranno nuove aree di ricerca e di studio rendendo le tematiche della cyber security e della sicurezza delle reti e dei servizi digitali sempre più strategiche. Nel 1999 non conoscevamo tutti i confini e le ricadute di quella evoluzione tecnologica e le conseguenze sugli studi economici e finanziari, sugli studi politici e quelli giuridici sullo stato, sulla sovranità, sui confini, sulla moneta, sulla democrazia rappresentativa, sui partiti, sulle guerre cybernetiche e sulla geoeconomia e geopolitica, sulle scienze della sicurezza, della intelligence. Venti anni fa pensammo ad una scelta poco comprensibile ai molti, una università che cercasse in primo luogo di capire il nuovo intreccio, allora emergente, tra l’essere umano e il suo prodotto più sorprendente, la tecnologia; tutto ciò visto, analizzato e studiato attraverso il secondo gradino della Piramide di Maslow e con una lettura della complessità di sua natura interdisciplinare e internazionale.
Nel corso di questi ultimi dieci anni il nostro dipartimento di ricerca, coinvolgendo tutti i docenti delle discipline più diverse, insieme ai ricercatori di informatica, ha sviluppato ricerche interdisciplinari con al centro l’intreccio tra le discipline umanistiche e la tecnologia della rete e dello spazio. Questo è stato in questi venti anni trascorsi e lo sarà maggiormente nel nostro futuro il nostro sogno, la nostra “utopia immanente” che ci porterà, ancora una volta, a scoprire e leggere la complessità delle vicende umane.
Tra poco il nostro Rettore dichiarerà aperto il ventesimo anno accademico della nostra università e, anche questa volta, con la consapevolezza dei nostri limiti e della assoluta necessità di realizzare sinergie e collaborazioni di lungo periodo, siamo qui a dirci che “bisogna continuare a sognare per smuovere il mondo”.
Lo abbiamo sempre ripetuto a noi stessi nel corso di questi venti anni di vita della nostra Università, anzitutto quando il sogno lo vedevamo nel tempo diventare realtà, anche se piccola e bisognosa di alleanze con l’impresa e con altre università italiane e straniere, attraverso lo sguardo convinto dei nostri studenti e delle loro famiglie. Lo abbiamo ripetuto quando siamo entrati in questo magico luogo ricco di storia e di bellezza ma anche consapevoli della quasi temerarietà della costruzione di un campus come questo senza ricevere alcun sostegno, anche se costituzionalmente dovuto, dalle autorità ministeriali. Ma lo abbiamo ripetuto anche quando le difficoltà aumentavano con la crescita e avevamo la sensazione, guardando i volti dei nostri collaboratori e amici, di non farcela perché troppi erano gli ostacoli da superare, non ultimi quelli che ci venivano frapposti. È possibile ridurre questo sogno a una ambizione di una piccola università o di un consigliere alla ricerca del principe di turno o viceversa? Per un essere razionale l’ipotesi non ha senso né per il principe né per il consigliere. La forza di questa università sta nella sua libertà, e in quella dei suoi studenti, ricercatori e docenti, nel non rispondere a nessun padrone!
Siamo nati, sia pure per poche ore, nel secolo breve. Siamo stati registrati legittimamente all’anagrafe delle università come figli della Convenzione di Lisbona e delle norme della sua ratifica. Per prima iscritti come filiazione della Università di Malta con il nome di Link Campus University of Malta. Poi sempre figli di Lisbona, registrati come Sede italiana dell’Università di Malta e, infine, trasformati in Università degli Studi non statale legalmente riconosciuta con il nome di Link Campus University. La sera della inaugurazione del primo anno accademico della filiazione, c’erano quattro personalità senza il cui apporto non saremmo qui oggi: Francesco Cossiga - Presidente Emerito della nostra Repubblica, Guido De Marco - Presidente della Repubblica di Malta, Roger Ellul Micallef - Rettore della Università di Malta e Ian Refalo - Preside di Giurisprudenza dell’Università di Malta. La lezione magistrale di Cossiga sulla democrazia resta ancora oggi la nostra carta magna, ripubblicata oggi nei volumi dei saggi per ricostruire il percorso dei nostri venti anni.
Devo poi ricordare tre ministri di differenti culture politiche ma di pari rigore istituzionale che hanno firmato i decreti a cui ho fatto cenno: i Ministri Ortensio Zecchino, Fabio Mussi e Mariastella Gelmini. A completare la memoria della riconoscenza ci sono tutti i docenti e gli studenti e tutti i collaboratori, ringraziandoli per aver concorso alla crescita di prestigio della Link con generosità e accettando anche significativi sacrifici. E, alla fine, non posso fare a meno di menzionare i cinque soci fondatori della Fondazione che ha promosso l’Università non statale. Per loro è stato, vi assicuro, un impegno non semplice e lieve anche perché, senza finanza adeguata alle spalle, non è stato facile sostenere una così rapida crescita.
Non è stato semplice definire in pochi anni una identità della Link in un sistema universitario italiano con una ricca offerta formativa e con la presenza di Atenei che sono tra i più antichi del mondo e che si sono evoluti dalla forma medioevale fino a quella del tempo presente, all’interno di modelli propri di autonomia delle università e quello di una università nazionale centralizzata, oscillante sempre tra una tradizione anglosassone e una napoleonica, humboldiana.
Da oggi si avvia un secondo ciclo e dobbiamo guardare al futuro per collocare le strategie della ricerca e della formazione della nostra Link Campus, anche se “parva materia”, consapevoli delle sfide dell’orizzonte percepibile. Se nei venti anni passati il tema dominante nella nostra strategia è stato quello della scienza e soprattutto della tecnologia, oggi questo acquista nuove connotazioni all’interno della competizione tra Stati Uniti e Cina e del cambiamento climatico e, per quello che ci riguarda, dell’affacciarsi dell’Africa sulla scena mondiale e in particolare nell’area euro mediterranea. Queste sfide metteranno ulteriormente a dura prova i vecchi equilibri geo-politici, compreso il ruolo del Vaticano a cui abbiamo dedicato in questi anni un particolare focus di ricerca. Al tempo stesso, prestiamo attenzione al modello di sviluppo del mondo, sia per le implicazioni sulla sua sostenibilità in termini di consumo delle risorse e sia perché due miliardi di persone, anche attraverso la rete 5G, chiederanno una qualità di vita diversa.
Già negli anni recenti, a cavallo dei due millenni, la leadership europea ha fatto registrare paura, incertezza e una carenza di visione e di strategia politica, indebolendo la ragion d’essere della coesione e del ruolo che i padri fondatori avevano indicato per l’Europa. Nel nostro lavoro universitario non possiamo chiuderci dentro le crescenti specializzazioni scientifico-disciplinari senza dare alla classe dirigente un orientamento formativo rivolto al pensiero critico e alla visione realistica di una res publica del mondo che sappia essere ancora attuale e adeguarsi alle sfide della contemporaneità. Per queste ragioni, alle cinque grandi aree scientifiche su cui abbiamo lavorato e su cui intendiamo continuare a lavorare alla luce dei cenni prima ricordati, ne aggiungeremo altre per integrare sia la ricerca sia la didattica. E lo faremo intensificando la cooperazione con alcune università e centri di ricerca, con nuovi progetti di ricerca e di didattica. Un solo esempio: con la Fondazione Economia della università di Tor Vergata abbiamo lavorato insieme sui temi della sostenibilità e delle disuguaglianze. Ora proseguiremo con una più stabile strutturazione e allargandoci alla partecipazione di altre università e centri di ricerca esteri, come già fatto in occasione dei due G7 a presidenza italiana.
Un breve cenno sulle aree scientifiche della nostra offerta formativa partendo da quelle esistenti. La prima è costituita dalla grande area della difesa, della sicurezza, della protezione civile. Sono sempre più temi transdisciplinari che coinvolgono più competenze e strategie. Un capitolo arricchito dal supporto delle attività dei centri ricerca e dei vecchi e nuovi corsi di laurea e di laurea magistrale di comunicazione digitale, di informatica interattiva (video games e serious games), di scienza della sicurezza (triennale) e quello di ingegneria della sicurezza informatica (magistrale cyber security) che stiamo progettando insieme alle Università Federico II e del Sannio. Sono poi tre le aree scientifiche tra loro fortemente interconnesse che costituiscono parte significativa e unitaria della nostra attività accademica: gli studi giuridici, quelli economici e quelli politici (strategici e diplomatici).
Abbiamo editato due volumi di saggi per documentare il lavoro di ricerca dei nostri giovani docenti e ricercatori e rendere evidente la contaminazione e l’intreccio tra le diverse discipline. A queste si aggiungono due ulteriori aree: la grande area scientifica delle attività culturali e dell’arte che tiene insieme il corso di DAMS al quale il prossimo anno si affiancheranno quello di fashion and design, a cavallo tra economia gestionale e arte, i master in gestione dei beni culturali e la macroarea delle tecnologie digitali, in cui ricadono comunicazione digitale e videogiochi, che non veda la tecnologia come un elemento affascinante (quasi mistico), ma a sé stante, valutandone, analizzandone, indagandone, oltre l’aspetto tecnico, soprattutto le sue connessioni con il mondo e l'uomo e le profonde mutazioni che sta generando. Riusciamo ad immaginare un mondo tecnologicamente avanzato, un mondo in cui i processi, i servizi e i prodotti siano evoluti e dialoghino in maniera interconnessa. Ma quello che realmente sta alla base di ogni innovazione è la possibilità di sviluppare soluzioni che siano in grado di superare una criticità, migliorando sensibilmente la qualità di vita degli individui.
Fondamentale per l’insieme delle attività di ricerca e di didattica nelle aree scientifiche prima ricordate si appalesa l’integrazione con la psicologia del cambiamento e con la sociologia digitale, così da dare agli studi comportamentali, all’interno dell’analisi economica, dell’analisi strategica, della difesa, della sicurezza e dell’intelligence, l’apporto delle discipline indicate. Il prossimo anno attiveremo le due lauree magistrali di psicologia del cambiamento e di sociologia digitale già accreditate. Fanno parte integrante di queste aree, come tappe indispensabili di un percorso formativo articolato, quarantadue master. Il prossimo anno la proposta più significativa è quella rappresentata dall’assoluta novità in Italia di un master sul rapporto tra architettura e territorio che affronta quegli aspetti che, in base alle diverse condizioni temporali, geografiche e culturali, hanno determinato le caratteristiche dell’ambiente e generato, nelle diverse parti del mondo, insiemi eterogenei.
Cosa vogliamo fare meglio nei prossimi anni?
• Innanzitutto, rafforzare il carattere strategico della transdisciplinarietà, della internazionalizzazione dei corsi, dei docenti, dei ricercatori e degli studenti;
• mantenere centrale la natura di research university della Link. Non oso in questa sede addentrarmi nella grande disputa ottocentesca, ma sempre viva, sul rapporto della ricerca con la didattica; mi limito soltanto a dire che la nostra Università sarà sempre più una “research university”, accrescendo ulteriormente la quota della ricerca sul complesso delle attività accademiche oltre il cinquanta per cento;
• rendere sempre più decisiva e stabile la cooperazione con le imprese, realizzando con loro centri di ricerca integrati (tra cui negli ultimi mesi quelli sulla cyber security, sulla sostenibilità e sull’economia circolare, sui videogiochi e sulla block chain) sia per attività di ricerca e di didattica che per lo sviluppo di un dialogo tra il mondo pubblico e quello privato;
• disegnando un’università che, nell’ottica dell’Agenda 2030 e degli Obiettivi del millennio, ricerca e forma talenti in grado di rispondere alle sfide globali, non solo del mondo che c'è ma anche di quello che, purtroppo, per molti occhi a volte non c'è;
• rendere sempre più forte non tanto la semplice consultazione con le parti sociali, spesso puramente rituale, ma la co-creazione di progetti di ricerca e di formazione. Questo anno, con l’ordine dei consulenti del lavoro, abbiamo dato vita a una Accademia su economia e lavoro e a un corso di laurea magistrale sull’“Economia del Lavoro e sistemi di workfare”. Altrettanto vorremmo portare avanti un simile progetto con i sindacati;
• rafforzare il nostro modo di rapportarci con l’esterno perché l’università porta dentro di sé sia la universalità del sapere sia il pluri-versum, perché accoglie in sé, e deve valorizzare, i differenti sguardi e approcci culturali sulla realtà che evolve.
Per rendere conto del lavoro di ricerca compiuto dai nostri docenti e ricercatori presentiamo oggi tre volumi, di cui uno interamente dedicato ai temi della sicurezza e dell’intelligence, contenenti un insieme di saggi che documentano il lavoro scientifico dei nostri docenti e ricercatori su tematiche di frontiera e decisamente transdisciplinari. I volumi sono pubblicati da “Eurilink” la nostra University Press che da molti anni non solo da conto delle attività di ricerca dell’università e dei suoi docenti e ricercatori ma promuove e pubblica collane su tematiche di grande attualità scientifica e sociale dirette e supportate da Direzioni editoriali e da Comitati Scientifici e di Valutatori formati da Professori e Studiosi anche di altre Università - Italiane e Straniere.
Prima di concludere, vorrei rendervi partecipi del fatto che in questo ventesimo anno l’università organizzerà una serie di eventi e seminari che ruoteranno intorno alla questione cruciale del deficit di innovazione e di crescita in Italia. I primi due si svolgeranno nell’ultimo scorcio del 2018, riguardando - il primo - l’Europa oggi e - il secondo - Europa, Mezzogiorno e Mediterraneo.
Ad avviare il ciclo di incontri abbiamo invitato il professor Riccardo Varaldo, già direttore della scuola Sant’Anna di Pisa. Varaldo riassumerà i punti fondamentali di un suo saggio che abbiamo con lui discusso, aprendo in tal modo un confronto tra gli accademici (scienziati, economisti, giuristi e politologi), per il quale sarà essenziale la partecipazione di imprenditori, politici e sindacalisti.
In conclusione, vorrei riagganciarmi al mio incipit sull’importanza, come Braudel ci insegna, dell’essere stati e della propria storia per essere consapevolmente nel presente e proiettarsi, con piedi saldi e ben ancorati, nel futuro. In quest’ottica, la Link Campus ha mirato, fin dal 2012, a creare un ponte ideale tra formazione universitaria e istruzione secondaria tramite il progetto sull’Osservatorio “Generazione Proteo”. Prendendo a campione un ampio numero di scuole secondarie su scala nazionale – 169 istituti per un totale di circa 100.000 studenti – Generazione Proteo monitora e raccoglie dati su trend, propensioni e inclinazioni dei giovani. La contemporaneità di passato, presente e futuro sottende anche all’Accordo di Rete tra Proteo e 24 istituti scolastici sull’Alternanza scuola-lavoro, su richiesta esplicita rivolta dalle stesse scuole alla Link Campus proprio attraverso l’Osservatorio. La rilevanza di tali iniziative risiede nel loro configurarsi come qualcosa di molto più significativo di meccanismi di monitoraggio o piattaforme di osservazione. Si tratta infatti di strumenti potenti e sonori di dialogo inter-generazionale che raffinano notevolmente la nostra offerta formativa. È come dotarsi di un prisma attraverso cui vediamo in ragazzi di 17-19 anni gli studenti d’Ateneo di domani e, con un po’ più di sensibilità attenta, anche gli adulti del futuro.
L’Università non potrà essere, nel sistema formativo, una monade chiusa ma, al contrario, lo snodo fondamentale, dialogante e attento alle nuove generazioni all’interno delle quali emergerà la classe dirigente del futuro!