Politica

Sprechi-clientelismo con Bassolino. Cosa fece il contestatore di Renzi

Pietro Mancini

E' stato giudicato "irricevibile", a maggioranza, il ricorso di don Antonio Bassolino, in quanto presentato in ritardo, sul voto in 5 dei 78 seggi delle primarie del centrosinistra a Napoli.

L'ex seguace, nel Pci, di Pietro Ingrao ha detto :"Si tratta di un colpo di spugna, che offende le primarie e la città !".

Nel periodo in cui governò l attuale avversario della renziana Valeria Valente, cioè dal 1993 al 2005, prima come Sindaco di Napoli e poi Governatore della "Campania felix", il compianto Giorgio Bocca scrisse, nel saggio "Napoli siamo noi", edito da Feltrinelli": "Nulla si decide nella regione che Re Antonio non voglia". E aggiunse sul lussuoso ufficio del Governatore: "E' l'incarnazione di tutti i privilegi, i favori e le occasioni, che i napoletani qualsiasi inseguono, nel caldo afoso, da mattina a sera, in vie monumentali, vicoli lerci e piazze regali, senza sapere bene come siano avvicinabili".

Molto criticato per non aver debellato il clientelismo, anche all'interno del suo partito, i DS, Bassolino, tuttavia, varò due nuovi carrozzoni: il commissariato anti-racket e la Soresa, la mega-società regionale per la sanità.

La regione deteneva il record del numero dei dipendenti (9.896, la Lombardia la metà!). Si registrò, in quel periodo, il gonfiamento di incarichi, consulenze, stipendioni e spese, comprese quelle per le auto di servizio (277 veicoli per 2 milioni di euro ) e per ristrutturare l'ufficio di Re Antonio: 800 mila euro.

Per aprire la sede di rappresentanza-indispensabile, ca va sans dire - della Regione a New York, furono sganciati 11 miliardi delle vecchie lire!
Don Paolo Cirino Pomicino, nella Prima Repubblica ministro con Giulio Andreotti, poi attento e acuto osservatore e saggista, con lo pseudonimo di "Geronimo", vergò, su libri e quotidiani, dure requisitorie contro gli "aspetti, tragici e comici, della lottizzazione".

E denunciò "i guasti delle società miste regionali, appannaggio del clientelismo di massa di Bassolino e dei suoi "compagni di merenda", Ciriaco De Mita  e Clemente Mastella. Nepotismo, ricatti reciproci, intimidazioni telefoniche e familismo sono i valori di riferimento della società camorristica che, non a caso, a Napoli e in Campania, è cresciuta e si è ingrandita a dismisura alle spalle degli onesti e dei deboli". E Geronimo concluse con parole, che possono essere riferite anche alla situazione attuale, non meno drammatica rispetto a quella di 10 anni fa: "Assistere, in silenzio, alla morte di Napoli, per mano di uomini, che pur si dicono politici, rischia di essere una drammatica complicità. Mentre l'indignazione generale può essere l'ultima ancora di salvezza per Napoli e per i napoletani".

Due senatori dei DS, Cesare Salvi e Massimo Villone, nel saggio "Il prezzo della democrazia", edito dalla Mondadori, parlarono di "nuova questione morale", dopo quella denunciata da Enrico Berlinguer, inascoltato, nei primi anni 80. Il volume conteneva un elenco degli sprechi e degli sperperi del "bassolinismo", su cui fu molto critico anche Giorgio Napolitano, che per 40 anni rappresentò la sua città alla Camera dei deputati, non rinunciando, mai, al suo abituale distacco, da nobile inglese ("Lord Brummel" uno dei soprannomi dell'ex Capo dello Stato).

Nel 2004, documentarono Salvi e Villone, la "Campania felix" di Re Antonio aveva fatto registrare un debito di oltre 21 miliardi di euro, mentre un deputato all'Assemblea regionale-che era presieduta dalla moglie di Clemente Mastella, donna Sandra Lonardo, mentre la moglie di Bassolino era, ed è ancora, parlamentare del PD- intascava, in media, al mese, 2 mila euro in più rispetto a un parlamentare nazionale.

I giornali stamparono la registrazione di una telefonata tra il direttore generale della più grande Azienda sanitaria di Napoli e un deputato, vicino a Bassolino, che riusci' a "convincere" il funzionario a designare come direttore sanitario una persona, che non aveva i titoli per quella poltrona. Fu aperta un'inchiesta giudiziaria che, tuttavia, non approdò a nulla.

Silenziosi e distaccati i i giornali, tranne "L'Espresso", diretto dal compianto Claudio Rinaldi, che defini' i leader DS, Fassino e D'Alema, "i furbetti del Botteghino. Critici con il fustigatore odierno del PD di Renzi furono personaggi, autorevoli, della sinistra, come l'allora Sindaco di Salerno, don Vincenzo De Luca, oggi Governatore campano, e l'ex segretario del PDS, Achille Occhetto.

E cercò di opporsi all'egemonia di Bassolino- che, al Comune, come assessora, imbarcò la sua avversaria delle primarie, Valeria Valente- anche il magistrato calabrese don Agostino Cordova, che guidava, in quegli anni, la Procura di Napoli. Ma il centrosinistra lo emarginò, quando fece capire che intendeva trattarlo, e stangarlo, con lo stesso, esemplare distacco, dimostrato nei confronti della destra.