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Politica
Pd, donne capigruppo: ecco i nomi. E Letta dichiara guerra ai renziani...

Enrico Letta, in versione Epurator, tira dritto. Chiusa la partita dei vicesegretari e composta la squadra della segreteria, ora il suo prossimo obiettivo sono i capigruppo di Camera e Senato. “Penso che per forza di cose debbano essere due donne”, ha anticipato al Tirreno, ma anche alla Gazzetta di Reggio, testate delle due regioni di provenienza degli attuali capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci. Un messaggio inequivocabile, quasi un avviso di sfratto, per loro. Ma con questo modus operandi, il segretario dem sta spiazzando non poco e anche infastidendo le diverse anime del Pd. A cominciare da Base riformista, la corrente guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti che al Senato esprime proprio il presidente Marcucci.

“Ormai si è capito come si muove Letta – ragiona un’autorevole fonte parlamentare del Pd –, avvisa le persone, dice come secondo lui dovrebbero andare le cose e subito dopo ufficializza o detta la linea. E’

Pd, Base riformista conferma fiducia a Marcucci

Riunione stamattina in Senato del gruppo dei senatori di Base riformista, l'area del Pd che fa riferimento a Lorenzo Guerini e Luca Lotti. Fonti parlamentari spiegano che in attesa dell'incontro di domani con il segretario Enrico Letta "oggi e' stata confermata la fiducia al capogruppo Andrea Marcucci". Nel tardo pomeriggio c'e' stata anche una riunione in videoconferenza dei deputati di Base riformista alla Camera. Al momento, spiegano le stessi fonti, sembra tramontata l'ipotesi che il voto sui presidenti dei gruppi di Camera e Senato possa svolgersi domani. 

successo così con la segreteria, della quale aveva informato i capigruppo cinque minuti prima di presentarla. Ed è successo ancora con il messaggio recapitato a Delrio e Marcucci a mezzo stampa”.
Al di là del metodo, tuttavia, la convinzione che sta crescendo tra i parlamentari è che Letta abbia un solo obiettivo: “Con i suoi modi gentili, ha deciso di tagliare le teste di coloro - anche se non tutti, a dire la verità - che stavano con Renzi. E lo sta facendo con intelligenza proprio perché schermarsi dietro la questione femminile nel Pd lo rende inattaccabile”. Non manca chi osserva, infatti, come “dietro la richiesta delle capigruppo donne, suffragata da un principio giusto, si nasconda una buona dose di ipocrisia”.

La partita dei presidenti di deputati e senatori, comunque, a questo punto si apre. Già ci sarebbe sul tavolo una rosa di nomi. Per la Camera si fa quello di Paola De Micheli, ma diversi dem sentiti dal nostro giornale tendono ad escluderlo: “Non ha voti, non può farcela”. Più chance invece ci sarebbero per Debora Serracchiani, per Alessia Rotta o per Marianna Madia. Più complessa la partita al Senato. In effetti, se a Montecitorio Delrio si è detto disponibile ad “affidare alla autonoma valutazione delle deputate e dei deputati come andare avanti”, rimarcando però la necessità di rispettare l’autonomia dei gruppi, dal Senato non è arrivato nessun segnale di un beau geste da parte di Marcucci. “Una cosa è sicura: potrà essere una donna a guidare i senatori, ma è impensabile che non sia di Base riformista”, è il ragionamento prevalente. Improbabile, dunque, che si trovi un accordo intorno al nome della franceschiniana Roberta Pinotti. Possibile, invece, che la scelta ricada o su Valeria Fedeli o su Caterina Bini, entrambe nella corrente guidata da Lotti e Guerini. “Più complicato, infine, ipotizzare di far dimettere Simona Malpezzi dal governo”.

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