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Politica
Pensioni, la Lega vuole Quota 41 dal 2025. No di FdI e FI. 'Bomba' per la maggioranza pronta ad esplodere
Giorgia Meloni al centro; Antonio Tajani a sinistra; Matteo Salvini a destra

Durigon al lavoro, ma le priorità per Meloni e Forza Italia sono altre. Inside


Nella Lega il coro è praticamente unanime. "Di pensioni se ne occupa Durigon", rispondono capigruppo e parlamentari. E il sottosegretario al ministero del Lavoro, contattato più volte negli ultimi giorni da Affaritaliani.it, si limita a dire che "ci stiamo lavorando" e che "è troppo presto per parlarne". Il superamento della Legge Fornero è da sempre uno dei cavalli di battaglia del Carroccio, rilanciato qualche giorno fa anche da Matteo Salvini.

E Quota 103 con penalizzazioni (peggiore della misura del governo Draghi) in vigore quest'anno e introdotta con la manovra di bilancio a fine 2023 ha lasciato l'amaro in bocca in casa Lega. Che vuole provare ogni strada per risalire nel consenso dopo il sorpasso di Forza Italia alle ultime elezioni europee. E la riforma del sistema previdenziale è certamente tra i principali punti dell'agenda leghista. L'obiettivo - anche se ufficialmente nessuno ora lo ammette - è quello di arrivare già dal primo gennaio del prossimo anno a Quota 41 per tutti, ovviamente con il sistema contributivo e non più retributivo che fa risparmiare parecchi soldi allo Stato (ma che comunque ha un costo rispetto al sistema attualmente in vigore).

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Peccato però che a gravare sui conti pubblici, come sa il leghista e ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, c'è la procedura di infrazione di Bruxelles che costa 12-13 miliardi di euro all'anno. Non solo. Per Giorgia Meloni, spiegano fonti di Fratelli d'Italia, resta imprescindibile la riconferma del taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro di reddito all'anno anche per il 2025 mentre Forza Italia si batterà per un innalzamento delle pensioni minime (storica battaglia di Silvio Berlusconi quella di portarle tutte a 1.000 euro al mese). E, di conseguenza, per l'uscita dal lavoro "resta ben poco, praticamente nulla", spiegano fonti sia del partito della presidente del Consiglio sia azzurre.

Ma la Lega darà battaglia, assicurano dal Carroccio, e arriverà preparata con un piano per Quota 41 già pronto appena dopo l'estate. Piaccia o meno al titolare del Mef (che è anche vicesegretario leghista). Si preannuncia quindi un autunno non caldo ma bollente e non per i sindacati in piazza ma per le tensioni e lo scontro nella maggioranza. "Se le divisioni in Europa, che si sapevano, non mettono a rischio la tenuta dell'esecutivo, sulla manovra e sui temi economici il rischio c'è ed è decisamente concreto", sottolineano da Fratelli d'Italia.

Ci sarà un vero e proprio braccio di ferro nella maggioranza con possibili conseguenze anche sulle riforme. Da un lato la Lega potrebbe, se sconfitta, boicottare il premierato, e dall'altro il resto della maggioranza potrebbe rallentare l'iter dell'autonomia regionale (ovvero il trasferimento delle deleghe già chiesto da Luca Zaia per il Veneto) e favorire la partecipazione al referendum abrogativo delle opposizioni. Una situazione incandescente, dunque (altro che le liti su Ursula e Orban), che potrebbe far saltare lo stesso governo.






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