Politica
Perché Podemos è una disgrazia
Di Gianni Pardo
“Podemos”, in spagnolo, significa “possiamo”. E come si traduce “possiamo” in inglese? We can. Basta aggiungerci un assertivo “Yes” e abbiamo lo slogan di Barack Obama: “Yes, we can”. Ecco perché c’è di che preoccuparsi. Dire “possiamo” senza dire che cosa possiamo e perché convenga farlo, è il colmo della presunzione astratta. Una presunzione che forse soltanto Dio potrebbe permettersi, e non è neanche sicuro: perché nel Medio Evo si discuteva se l’onnipotenza divina includesse la possibilità di fare l’assurdo.
I precedenti comunque non sono incoraggianti. Che Obama non fosse onnipotente lo sospettavamo sin da principio, e il fatto che il suo “can” si sia rivelato un flop nella maggioranza dei casi è ormai un dato banale. Chi all’inizio rideva della sua vuota e ingenua demagogia rischiava di essere guardato storto: come, osi dire male del primo Presidente nero della storia americana, per giunta di sinistra? In Scandinavia, addirittura, si sono precipitati a dargli il Premio Nobel per la Pace, prima ancora che avesse potuto combinare il primo dei suoi disastri. Ma presto lui mise rimedio a questa carenza: andò nel Vicino Oriente e riuscì in poco tempo ad inimicarsi Israele e a favorire quella radiosa Primavera Araba che condusse l’Egitto quasi alla guerra civile, la Libia alla Guerra Civile senza quasi, la Siria infine a una guerra civile che continua. Obama forse pensava che gli arabi “potessero” ottenere la democrazia: il guaio fu che non si chiese se la desiderassero.
E tuttavia il Senatore dell’Illinois ha avuto successo intercettando una sorta di stanchezza del grande pubblico nei confronti degli imperativi e dei limiti della realtà. Non è sopportabile che si debba sempre dare ragione agli adulti, quelli che ci dicono costantemente “No, non è possibile”. Basta rispondere: “Invece sì. È possibile perché lo diciamo noi”.
Molto bello, molto romantico, molto “eroico”. Purtroppo questo vago “ottimismo della volontà”, questo credere che se desideriamo per ciò stesso possiamo, produce guasti. Nega infatti l’assunto primo della politica, giustamente definita “l’arte del possibile”. È inutile sognare di fornire a tutti i cittadini uno stipendio senza che lavorino, perché se nessuno lavora nessuno produce i beni che la gente dovrebbe poi comprare. Se qualcuno dicesse al riguardo “we can”, bisognerebbe soltanto rispondergli di chiudere il becco e andare a giocare in cortile.
Il fatto che una formazione spagnola di sinistra abbia scelto come nome proprio “Podemos” è allarmante. È un rifiuto della ragionevolezza che apparenta questo partito a tutti quei movimenti che in Europa sembrano soprattutto avere il desiderio di distruggere lo statu quo. Si direbbe che, secondo loro, qualunque cosa seguirà non potrà che essere migliore. Ed è una presunzione infondata. Si può convenire senza sforzo che la situazione non sia accettabile, si può ammettere che sono stati commessi molti errori, a cominciare dall’istituzione dell’euro, ma ciò non vuol dire che la soluzione sia buttar giù tutto. Per questo bastano i terremoti. Se l’Unione Europea è da riformare, sarebbe necessaria un’iniziativa seria, da concordare con altri partiti europei, fino a creare una massa critica. Non dicendo “yes, we can”, ma “yes, we try”, ci proviamo.
Ma non si può negare ciò che abbiamo sotto gli occhi. Questa ventata di “ottimismo della volontà”, per non parlare di “infantile velleitarismo”, la si nota ormai in troppi posti. L’Inghilterra elegge un leader del partito laburista, Jeremy Corbyn, talmente estremista e idealista da essere subito sconfessato da alcuni deputati del suo stesso partito; in Francia il Front National diviene il primo partito, se pure in elezioni regionali; in Italia, per non farci mancare niente, di partiti che esagerano ne abbiamo due, il Movimento di Grillo e la tonitruante Lega di Salvini. Il Continente è lacerato tra l’insofferenza di alcuni e il conservatorismo modello Sant’Uffizio dei più. I molti frenatori forse temono che, toccando la struttura con un dito, rovini giù completamente. Sicuro è che, se non c’è un’iniziativa politica seria, capace di proporre qualcosa di efficace, non usciremo certo dall’impasse.
Rimane soltanto la speranza che, se proprio bisogna fare l’esperienza di ciò di cui sono capaci quelli che “possono”, questa esperienza sia fatta lontano da casa nostra.
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