Politica
Referendum, se vince il no Renzi si dimette? Dietrofront in vista
Dopo la sconfitta del PD ai ballottaggi a Roma e Torino, pare che Renzi non darà le sue dimissioni anche in caso di sconfitta sulle riforme. Mattarella "vigila"
Matteo Renzi si è incartato. Lo dico apertamente i parlamentari dem a microfono spento. "Il premier è finito in un cul de sac. Ha commesso un gravissimo errore a politicizzare il referendum di ottobre e ora non può più fare marcia indietro", afferma un deputato Pd di lungo corso. Il problema è che il presidente del Consiglio, convinto di vincere a mani basse la sfida sulle riforme, qualche mese fa ha candidamente ripetuto più volte "se perdo il referendum mi dimetto".
Ora, dopo i ballottaggi e il flop del Pd a Roma e Torino, pare che Renzi voglia compiere una capriola carpiata all'indetro annunciando che non si dimetterà anche in caso di sconfitta sulle riforme. Una sorta di piano B che gli consenta di rimanere a Palazzo Chigi. Sarà vero? Al Nazareno tendono ad escludere un simile clamoroso dietrofront, anche se certamente il premier smorzerà i toni tentando di tornare sul merito della riforma costituzionale.
Ma che succederà se a prevalere fosse il no al referendum (come dicono quasi tutti i sondaggi)? O Renzi sale immediatamente al Quirinale e si dimette o - spiegano fonti dem - una larga parte del suo partito (ben oltre i confini dell'attuale minoranza) insieme ai centristi verdiniani e a una fetta di alfaniani toglierà il sostegno all'esecutivo chiedendo al Capo dello Stato di dar vita ad un nuovo governo del Presidente.
Il nodo è quello della legge elettorale. Graziano Delrio in tv ha ribadito che non verrà modificata, ma per la sinistra Pd, per Area Popolare e per Ala cambiare l'Italicum è una questione di sopravvivenza politica. Quindi se Renzi dovesse davvero forzare la mano e non dimettesi in caso di flop al referendum sarà una larga parte della sua maggioranza a togliergli la fiducia.
Non solo. Fonti ben informate affermano che il Colle stia esaminando la situazione molto attentamente consapevole che in caso di vittoria del no in ottobre un intervento sarebbe necessario e forse anche inevitabile. La situazione politica è dunque "esplosiva" e i prossimi mesi estivi rischiano di essere più che mai bollenti. Sia a Palazzo Chigi sia al Nazareno.