Politica

Salvini "fascista" massacrato in tv: ma l'immunità è vittoria della democrazia

Pietro Mancini

Dopo la caduta del regime fascista, l’introduzione dell’immunità parlamentare fu considerata una vittoria della pluralità democratica

I politici e i giornalisti che, ieri, alla Camera, e nella serata di martedi', nei talk della RAI e della "7" di Urbano Cairo, hanno "processato" Matteo Salvini, dandogli di "fascista", in quanto oserà chiedere ai senatori di respingere la richiesta di autorizzazione a procedere- avanzata dalle tre toghe, di Magistratura democratica, della sezione di Catania del tribunale dei ministri-hanno dimostrato di ignorare un aspetto molto importante. Dopo la caduta del regime fascista, l’introduzione dell’immunità parlamentare fu considerata una vittoria della pluralità democratica e una garanzia dell’indipendenza del Parlamento da eventuali derive autoritarie.

Le cose, oggi, sono cambiate. I parlamentari possono essere indagati senza che serva alcuna votazione e vanno in cella quando arriva la condanna definitiva.. I procedimenti, per l’arresto cautelare di un parlamentare, prima della sentenza definitiva, devono essere autorizzati dalla Camera di appartenenza, che  ha, sinora, acconsentito 2 volte ogni 3. Ma il mantenimento di un filtro contro eventuali minacce alla democrazia parlamentare è un principio sano, da difendere: le cronache politiche mondiali, troppo spesso, riportano i casi di politici, appartenenti a minoranze o a opposizioni,  arrestati in modo arbitrario. L’Italia è, oggi, al riparo da ogni possibile rischio autoritario e intende rimanerci per sempre.

Nel "caso Salvini", last but not least, è in discussione il diritto di un governante, e di tutto l'esecutivo, di decidere, in forza di un mandato popolare, su chi fare entrare, e chi no, nel territorio di propria competenza. Di tutto questo, ieri, nell'aula di Montecitorio, con il PD, che ha aggredito il ministro, con discorsi livorosi, e nella serata di martedi', in Tv, non si è parlato. Floris ha mitragliato Salvini come un avversario politico, la Berlinguer ha spalleggiato un molto nervoso Marco Minniti, non lasciando parlare la giovane  leghista di Bologna, Lucia Borgonzoni. E Gruber, spalleggiata da tale de Angelis, ha sentenziato che Salvini, sul caso della "Diciotti", non ha deciso per tutelare l'interesse pubblico.  Casi di scuola di "giornalismo schierato, embedded"(Giampaolo Pansa dixit). Con una differenza rispetto all'epoca degli attacchi a Berlusconi : l'allora premier veniva massacrato per I "Bunga Bunga", le sue vicende private e  con accuse, rivolte dai giudici alle sue aziende. Il titolare del Viminale, invece, per aver osato mantener fede a un impegno, assunto con gli elettori, prima, e con gli alleati, nel governo Salvimaio, dopo : contrastare l'immigrazione di massa nel bel Paese e tutelare l'interesse pubblico dell'Italia.