Politica

“Sul Mes il rischio crisi c’è davvero. Se si rompe, i cocci non si aggiustano"

di Paola Alagia

Intervista di Affari a Fornaro (Leu): "L'unica maggioranza possibile è quella nata con il Conte due. Per noi l'unico perimetro è questo"

Mancano ormai poche ore all’incontro della delegazione di Italia viva con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. L’appuntamento è fissato, infatti, per domani mattina. Ma, intanto, il partito di Matteo Renzi continua ad alzare la posta delle richieste. Dopo le rimostranze sulla cabina di regia del Recovery e sulla Fondazione per la cybersecurity, oggi è la volta del Mes che il senatore di Rignano riporta al centro della discussione. E’ un bluff o stavolta fa sul serio? E’ questa la domanda che ci si pone insistentemente nei Palazzi. E qui non c’è capanello di parlamentari in cui non si parli di ipotesi di crisi. Federico Fornaro, capogruppo di Liberi e uguali alla Camera, che proprio ieri ha incontrato il premier, non vuole neanche pensare a ipotesi di bluff. Intervistato da Affaritaliani.it, dice subito: “Io credo sia corretto interpretare tutto come una iniziativa politica e non come un bluff. Dopodiché, quello che non si comprende è il punto di caduta”.

Fornaro, dunque, è spiazzato da questa situazione. Cosa c’è sotto, secondo lei?
Registro messaggi ambivalenti che arrivano da Italia viva e dallo stesso Renzi. Da un lato si dice che non si vuole far cadere il governo, ma dall’altro si annunciano anche le possibili dimissioni dei ministri per il 28.

Come se ne uscirà alla fine?
Noi abbiamo detto al presidente del Consiglio che auspichiamo un chiarimento sui temi posti, compreso quello della governance e della distribuzione dei fondi del Recovery. Il nostro auspicio è anche che ciò avvenga nella sede giusta che è il Consiglio dei ministri, con i capidelegazione. Crediamo, infatti, che l’ultima cosa di cui il Paese abbia bisogno in questo momento sia una crisi di governo. E per di più al buio.

Sulle questioni sollevate da Renzi, però, siete d’accordo?
Quando è nato l'attuale governo nell’estate del 2019, Italia viva non c’era e non ha partecipato alla stesura del programma. Su questo bisogna essere obiettivi. Riteniamo, dunque, che sia necessario un aggiornamento nella prospettiva della legislatura, come era, tra l’altro, emerso nella riunione con le delegazioni del 5 novembre scorso. Poi, è evidente, non è facile fare sintesi perché su molte questioni esistono posizioni differenti.

E allora come si può andare avanti?
Questo lo capiremo nelle prossime ore. Ma il tema è uno solo: se ci si siede a un tavolo con la volontà di trovare una soluzione di compromesso, il più alto possibile, oppure se ci si siede con l’intento di alzare la tensione perché l’obiettivo è quello di farlo saltare. E’ chiaro che siamo vicini a un punto di svolta. L’incontro di domani sarà rivelatore. Comprenderemo se questa volontà di ricomposizione esiste o meno.

E lei che previsioni fa?
Io posso solo dire la mia impressione.

Qual è?
Che da parte del presidente del Consiglio ci sia disponibilità. Non ho riscontrato atteggiamenti di chiusura a riccio.  

Non mi ha ancora detto se le questioni sollevate da Iv, cabina di regia per il Recovery e Fondazione per la Cybersecurity, vi trovano d’accordo.
Questi temi ci sono, ma potrebbero essercene anche altri. Italia viva ha posizioni molto rigide per esempio su plastic tax  e sugar tax e potremmo andare avanti. Ma la verità è un’altra.

Ce la dica.
Detto francamente, credo che non si faccia una crisi di governo sulla cybersecurity. Inutile prendersi in giro. Il problema esiste e vanno valutati i pro e i contro della proposta del premier. E lo stesso vale per il Recovery, sul quale anche noi abbiamo rilevato elementi discutibili. Ma, tra l’altro, lo stesso presidente del Consiglio ha chiarito che si tratta di una bozza. E’ un inizio di discussione e, quindi, non un documento chiuso e intoccabile. Senza contare che, poi, c’è il ruolo del Parlamento, sia nella fase d’indirizzo che di monitoraggio. Un ruolo sul quale abbiamo insistito molto durante il confronto con Conte.

Renzi, tuttavia, rilancia ancora e adesso mette sul tavolo anche il Mes. Viste le posizioni inconciliabili su questo fronte, non è che l’intenzione sia quella di provocare la crisi?
Questa mossa di Renzi, di certo, alza la tensione. E’ noto pure alle pietre, infatti, quale sia la posizione del M5s sulla questione. Inutile negarlo: alzare la posta aumenta nel borsino delle previsioni quella di una possibile crisi.

La posizione dei Cinque stelle è nota. Per voi, invece, tornare a parlare di Fondo salva-Stati non sarebbe un problema?
Noi siamo su una posizione molto laica: se tale strumento si dovesse rivelare necessario per le condizioni economiche e conveniente (ma questo spetta al ministro dell’Economia dirlo), non abbiamo alcuna pregiudiziale ideologica. Allo stesso tempo, però, non possiamo non registrare, alzando un po’ lo sguardo dai nostri confini, che la discussione manichea sul Mes, per cui è il bene assoluto o è il male assoluto, c’è solo in Italia. Del Fondo salva-Stati non sta discutendo nessuno in tutta Europa e nessuno l’ha preso. Ci sarà un motivo? Quindi, le forzature, dicendo magari cose non vere, del tipo che se avessimo usufruito del Mes a maggio avremmo risparmiato vite umane, non aiutano. Non agevolano una discussione serena.

Se dovesse aprirsi formalmente una crisi, Leu sarebbe disposta a esplorare nuovi perimetri di maggioranza?
Sin dall’inizio della legislatura diciamo che l’unica maggioranza possibile è quella che poi di fatto è nata con il Conte due. E rimaniamo convinti di ciò. Per noi questo è il perimetro. Non ci sono altre maggioranze.

O il governo va avanti oppure meglio il voto, insomma?
Questa è una valutazione che spetta al presidente della Repubblica. Ci mostreremo sempre collaborativi, ma è uno scenario a cui non voglio neanche pensare. Perché se, per esempio, si dovesse rompere su un tema come il Mes poi i cocci non si rimetterebbero più insieme. Sarebbe come buttare un vaso di fiori dal secondo piano…