Da gennaio di quest'anno, con l'approvazione in Parlamento della Risoluzione inerente le Relazioni sull'attività svolta - a sua volta approvate dalla Commissione parlamentare di inchiesta - sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, oggi c'è una verità acclarata che diverge da quella ufficiale "di Stato" proclamata negli anni scorsi.
Gero Grassi (Pd), membro della "Commissione d'inchiesta sulla strage di Via Fani e sull'Omicidio di Aldo Moro", lo ribadisce con determinazione nella sua intervista ad Affaritaliani.it . Il suo pellegrinaggio per l'Italia - intensificatosi in occasione delle celebrazioni dei cento anni dalla nascita dello statista pugliese - ne fa una sorta di sacerdote laico, per tener viva la fiamma dell'attenzione e della verità sulle dinamiche di una vicenda dai risvolti per molti versi ancora misteriosi.
Tante e sconvolgenti le rivelazioni che, grazie all'efficienza delle moderne tecniche investigative dei RIS (Reparti Investigazioni Scientifiche) dell'Arma dei Carabinieri - capaci di ricostruire fatti, tracce ed indizi anche a decenni di sistanza - confutano le versioni finora fornite su sequestro, detemzione e omicidio di Aldo Moro.
"A via Fani c'erano 'anche' le Brigate Rosse", sottolinea con forza Gero Grassi con chiaro riferimento a quanto emerso in Commissione. Facendo intendere ed elencando la lunga lista di Servizi, intelligence, Corpi militari, agenti speciali, gruppi terroristici, appoggi palesi ed occulti, nazionali ed internazionali per quella che potremmo definire "una tragedia plurale", con una miriade di protagonisti ed una sola "vittima" sacrificale.
Nell'appuntamento all'Università degli Studi di Bari 'Aldo Moro', "Aldo Moro tra fermezza e trattativa - I 55 giorni del rapimento e assassinio BR", con inerventi di Antonio Uricchio, rettore dell’Università di Bari; Luigi Ferlicchia, Associazione Consiglieri Regionali Puglia; Adolfo Morante, Fondazione di Vagno; Enzo Sorice, già Sottosegretario di Stato di Grazia e Giustizia; Antonio Incampo; docente dell’Università di Bari e Silvio Maselli per il Comune di Bari, Gero Grassi - dopo aver scoperto insieme agli altri relatori un quadro raffigurante Bettino Craxi e Aldo Moro realizzato da Vito Stramaglia, ha confermato che "La trattativa tra Stato e terroristi ci fu, ma per concordare il modo di uccidere Moro".
E proprio su questo punto Gero Grassi è chiaro: "Il memoriale Morucci-Faranda è falso, così come la ricostruzione fatta dai brigatisti negli otto processi Moro. Nel memoriale e nei processi i brigatisti dicono che lo hanno fatto sdraiare e poi sparato, coprendolo con una coperta per umana pietà. Falso: Moro è stato sparato mentre era in piedi appoggiato alla macchina con il cofano aperto o seduto nel cofano, colpito da 12 colpi di due diversi armi - queste le risultanze odierne dei RIS - ha visto chi ha sparato e ha tentato istintivamente di difendersi, tanto è vero che un proiettile gli ha colpito un dito della mano".
Altra novità indicata da Grassi, emersa dai lavori della Commissione, è rappresentata dalle due pagine sequestrate al brigatista Valerio Morucci il giorno del suo arresto in uno dei covi Br a Roma: "In quei fogli che Morucci, mentendo, dice di non aver mai visto, ci sono 96 nomi di capi brigatisti su cui la magistratura non ha mai indagato e che potrebbero rappresentare la trattativa all’epoca in corso tra pezzi delle brigate rosse e pezzi dello Stato. Tra di loro anche dei capi pugliesi: i fratelli Triaca di San Severo".
Aldo Moro primo martire della politica, quindi, che sarà duro rappresentare in un ideale "santino", sul pianale della Ranault 4 prima dell'esecuzione finale, mentre guarda i suoi assassini. "L'abbandono" è la cosa che più colpisce nelle ricostruzioni di quei 55 giorni. Per lui l'asse della fermezza si costituì nei fatti, mentre si dibatteva dell'appuntamento parlamentare bloccato tragicamente in via Fani, che avrebbe dovuto avviare quel processo di leggittimazione politica reciproca per approdare all'auspicata "alternanza" bipolare: cosa ben più lungimirante e stabilizzante di quel che successivamente sarà chiamato, invece, "compromesso storico", espressione e ipotesi mai pronunciate da Aldo Moro.
La direzione del PCI e il Ministero dell'Interno scerditeranno sistematicamente - durante quiei 55 giorni - ogni appello proveniente dal carcere delle BR e Gero Grassi ricorda, a tal proposito, due cose agli atti della Commissione: "Un'intercettazione telefonica in cui Francesco Cossiga riferisce di aver sentito da Ugo Pecchioli come nel PCI considerassero Moro già morto in via Fani e la presenza vicino alla Renault 4 ritrovata in via Caetani di Francesco Cossiga e Ugo Pecchioli".
Un'intelligenza scomoda quella di Aldo Moro, il 'cui prodest' dell'omicidio metteva troppe teste d'accordo e che alla luce del senno di poi e delle rivelazioni ultime emerse in Commissione, le cui Risoluzioni - per la prima volta - sono supportate dal riscontro parlamentare, rivaluta per molti aspetti il fronte della "trattativa" e la visione politica che ne motivava l'ostinata e tenace resistenza.
Una strategia politica non colta, che anni dopo porterà alla nascita del Partito Democratico, che secondo proprio uno dei sostenitori della 'trattativa', Rino Formica, socialista e pugliese: "Avrebbe tradito la visione ulivista, per sancire un matrimonio di interessi o di convenienza". E che per Gero Grassi è entrato in crisi: "Per la mancata coniugazione dei dritti e dei doveri, dei quali parlava Aldo Moro; e poi, soprattutto, per il proliferare nel partito di molti 'io' e pochi 'noi'!"
(gelormini@affaritaliani.it)
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Pubblicato sul tema in precedenza: Caso Moro, Gero Grassi e il tour per tener viva la ricerca della verità