di Lorena Liberatore
Le fiabe più conosciute basano il loro storico successo su un principio: porsi a disposizione e uso della famiglia. Tale principio è rigorosamente rispettato in questa raccolta, tanto da echeggiare le parole "perché la famiglia allargata si ritrovi in quella cerchia domestica dove si impara a socializzare e a essere riservati, dove si impara a ritrovare quell’intimità casalinga che la frenesia urbana tende a frantumare e a distogliere dall’essenza del nostro vero essere[1]".
Le fiabe non sono soltanto un semplice mezzo per insegnare sani valori alla comunità del futuro: attraverso di esse il condividere l’ascolto è già seme o sostanza in fieri d’un modo di vivere, partecipare e tramandare; appartenenti a una società che ha regole ben precise, tradizioni, modi di fare e stare insieme le cui radici ci vengono offerte nella loro essenza storica attraverso fatti e situazioni – per l’appunto condivisi e tramandati. In questo meccanismo d’apprendimento giovani e giovanissimi hanno l’importante compito di trasmettere a loro volta la tradizione.
In Fiabe in sassi e salsedine (FaLvision Editore pagg.157 € 8,00) il vero protagonista è l’essere umano, il suo percorso personale, la sua interiorità, in breve gli aspetti più positivi e preziosi del suo esistere. L’uomo infatti, in quanto persona che lavora, si affanna, sogna, lotta, sia come singolo sia come componente di una comunità, è risorsa umana e perciò è degno di vestire i panni d’un moderno eroe.
Consapevole che i primi e più importanti destinatari delle fiabe - bambini e ragazzi - hanno un bagaglio terminologico ridotto, Fabris usa parole nuove o talvolta poco usate nella nostra moderna e frenetica società – in alcuni casi anche rapidi accenni a parlate e dialetti della Puglia - al fine di suscitare curiosità ed arricchire il linguaggio oltre che l’immaginario. In virtù di tutto ciò, proprio il linguaggio usato per raccontarle è di importanza primaria.
Ad aiutare l’autore nei suoi intenti, stilistici e comunicativi, subentrano elementi fantastici, magici e misteriosi - strumenti d’ogni scrittore di fiabe e non solo - perfettamente malleabili. Il concetto di tempo in tale genere letterario non è scientifico, bensì morale, e questo conferisce piena libertà d’azione per personaggi e vicende narrate.
Non mancano riferimenti alle fiabe più conosciute, ovvero a quelle di Esopo, a quelle delle “mille e una notte”, oppure a quelle di Jacob e Willem Grimm e perché no a quelle di Hans Christian Andersen. Si coglie tra le righe dei suoi lavori la passione per tutte le fiabe del mondo, i miti e le leggende, la sua attenzione alle teorie di Gianni Rodari sull'arte di inventare storie e alla morfologia della fiaba esposta da Vladimir J. Propp. Su queste solide basi si poggiano poi come pilastri, riferimenti alla tradizione di folklore, miti e leggende d’Italia. Di quest’ultima compaiono anche alcuni territori del meridione che in diverse fiabe fungono da ambientazione - le Gole del Raganello, il Monte Calvo e il Monte Spigno del Gargano, le Grotte di Castellana - e talvolta un’antica onomastica: il mare di Hatria allude al mare Adriatico il cui nome deriva da quello della città di Atri - anticamente chiamata Hadria e in seguito Hatria.
Anche in virtù di ciò, forte e sentita è l’esigenza del Fabris di non limitarsi a una semplice descrizione, che deleghi sommariamente ogni spiegazione alla fantasia o a quei poteri magici e misteriosi di cui dispongono quasi tutti i personaggi delle fiabe, ma di conferire ai lettori specifici strumenti d’immaginazione attraverso descrizioni dettagliate, precise, soprattutto da un punto di vista tecnico e conoscitivo. Così il pianeta del Guardastelle può finalmente rigenerarsi, sconfiggendo la superbia umana – come nelle migliori tradizioni fiabesche – grazie ad una chiave, ma non una qualunque, bensì una «chiave della vita»: un'Ankh, ovverosia una croce ansata o l’antica croce egizia simbolo per eccellenza di vita[2]. Allo stesso modo, i doni concessi al protagonista di La semplice storia del principe cieco e di fiore fuggente sono una piuma d'aquila - simbolo di coraggio -, una ghianda immensa - simbolo di vita, prosperità e immortalità -, e un sassolino di quarzo - luce interiore, forza ed equilibrio.
È sempre in virtù della stessa esigenza descrittiva che il contenuto del sacchetto magico donato da Biancadicapo viene ironicamente svelato nella sua semplicità - camomilla, passiflora, tiglio, melissa, valeriana e biancospino! E di ironia, che ammicca bonariamente e con simpatia al lettore, ve n’è in tutto il volume, come tanti sassolini lasciati per strada. Compito di chi legge è raccoglierli e usarli come strumenti del gioco narrativo.
La simbologia pervade buona parte dei testi. Non a caso sede della fata in I lupi della selva d'argento, rifugio e protezione per il protagonista di Angioletto danza e ridi, portale o passaggio per raggiungere il mondo fatato di Cipperland - il regno delle piume e della tenerezza – e postazione privilegiata d’osservazione in La figlia della foresta di querce è l’albero dal tronco cavo, simbolo di rigenerazione e rinascita, nonché grembo materno della terra.
Inoltre, non è un caso che la torre d’osservazione in Il fiore della rigenerazione si erga «tra le acque del cielo e quelle della terra», partendo da una base quadrata che «come un cono» svetta verso l'alto. Centoventisei gradini conducono alla sua sommità: una vasca che esala vapori e al cui centro è raffigurata una stella a cinque punte. La base di tale struttura è quindi un quadrato, e il suo vertice mozzato conduce a una sorta di vasca della vita dal potere ri-generativo - in questo caso attribuito in modo particolare all’intelletto e a un sapere rispettoso del cosmo e del suo ordine. Non solo, la base di tale struttura si trova all’interno di un immaginario cerchio e da essa - dai suoi lati - partono quattro raggi che si irradiano verso i punti cardinali «come quattro strade».
Neanche questi elementi compaiono per caso, infatti il cerchio, che rappresenta la dimensione intellettuale e spirituale, si riferisce al cielo in rapporto alla Terra, come al ciclo perenne della vita e di tutto ciò che è materia; e proprio il suo centro è il punto dal quale si dipartono i raggi e al quale contemporaneamente convergono, simbolo quindi del principio da cui tutto trae origine e cui tutto ritorna. L’unione tra cerchio e quadrato, ovvero l’inscrizione del secondo nel primo, rimanda invece alla Terra la quale dipende dal cielo per il proprio ciclo vitale, e alla loro stessa armonia – descritta nella fiaba Cielo e terra.
E ancora, in La figlia della foresta di querce il protagonista giunge all'interno di un tempio circolare: un thòlos esagonale rivestito di tasselli turchesi. Anche in questo caso si descrive una sorta di portale magico in comunione con la natura e l’universo.
Alla luce di queste rapide e sintetiche osservazioni si può comprendere come il principio - ormai desueto - secondo cui le fiabe siano solo una forma di intrattenimento per bambini è una considerazione imprecisa e sommaria. Esse sono uno scrigno dai contenuti storici, morali, psicologici, educativi e non solo, carico di significati adatti ad un pubblico eterogeneo: ad ognuno giunge un livello di significato a suo modo originale e ricco, prezioso per i più giovani come per ogni possibile lettore – che sia più ingenuo o lungimirante – in grado di apprezzare con semplicità o vedere al di là della più semplice trama narrativa.
[1] - Piero Fabris, Voglio togliere l’acqua del mare, FaLvision, Bari 2014, p. 87. Tali parole appartengono al personaggio di donna Olimpia, anziana signora desiderosa di trasmettere ai propri nipoti sani valori e una buona cultura, il tutto attraverso le fiabe di Hans Christian Andersen, Jacob e Wilhelm Grimm e Charles Dickens.
[2] - La denominazione chiave della vita ha un significato più propriamente escatologico. Infatti l'Ankh è anche simbolo di vita eterna, grazie alla quale l'uomo riesce a superare la morte e rinascere. In maniera analoga e più estesa, simboleggia l'universo, poiché il cosmo stesso è pura vita nel suo alternarsi infinito di cicli regolari e di forze cosmiche generatrici.