Pillole d'Europa

Carta Erasmus, liberi professionisti e...

Fondi strutturali ora accessibili anche ai liberi professionisti

Pillole d'Europa
di Cinzia Boschiero

LA CARTA ERASMUS, NOVITA’ PER I LIBERI PROFESSIONISTI, FONDI PER PROGETTI DI INTEGRAZIONE E STUDI INNOVATIVI DI NEUROLOGIA

 

PER STARE MEGLIO COME CITTADINI EUROPEI E CONOSCERE DIRITTE E TUTTE LE OPPORTUNITA' UTILI - In questa rubrica notizie flash sulle normative europee e internazionali, notizie internazionali ed europee utili e pratiche per la vita di tutti i giorni. E’ attivo un servizio di “A domanda, risposta” su bandi, agevolazioni, finanziamenti europei , borse di studio e di ricerca nazionali, regionali e locali per i lettori di Affaritaliani. Per richieste di informazioni scrivete a cinziaboschiero@gmail.comeurochat2013@gmail.com

Domanda: è vero che anche i liberi professionisti possono accedere a fondi strutturali europei? Luigi Buremo

Risposta: i professionisti possono fare riferimento alla legge di stabilità 2016 che ha una serie di novità tra cui l’equiparazione dei professionisti alle pmi per quanto riguarda l’accesso ai fondi strutturali comunitari ovvero ai Programmi Operativi Nazionali (PON) e Regionali (POR) del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), sino al 2020. Sono stanziati 31 miliardi di euro della Commissione europea, a cui si aggiungono sedici miliardi di euro di cofinanziamento nazionale e 4,3 miliardi a carico delle Regioni. L’equiparazione tra liberi professionisti e pmi è stata dichiarata dalla Commissione europea nel Piano d’azione Imprenditorialità 2020. L’accesso dei professionisti ai fondi strutturali europei è diventata permanente grazie al Jobs Act autonomi, varato dal Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2016, inoltre il Jobs Act prevede un accesso ai fondi strutturali generalizzato per tutte le tipologie di lavoro autonomo. Possono così beneficiare soprattutto delle fasce giovanili di finanziamenti per l’avvio o il miglioramento dell’attività, e vi sono fondi per la formazione e l’innovazione.

Domanda: come si fa a diagnosticare i vari gradi di coscienza di una persona? Ci sono dei parametri europei? Mario Nusso

Risposta: proprio di recente presso l’Istituto Besta sono stati presentati i dati di un recente ed importante studio in merito. “Abbiamo voluto approfondire” spiega la dott.ssa Matilde Leonardi, Direttrice del Coma Research Centre dell’Istituto Neurologico IRCCS Carlo Besta di Milano, “il tipico quesito clinico che ci si pone di fronte ad un paziente con grave cerebrolesione, incapace a comunicare, ovvero se è possibile osservare un’attività cerebrale residua in aree del cervello gravemente danneggiate e se il paziente può mostrare segni di coscienza. I risultati di questa ricerca ci permettono di avere diagnosi più accurate e meno incerte”. Lo studio è stato condotto presso il Coma Research Centre (CRC) dell’Istituto Carlo Besta, coordinato dalla neurologa dott.ssa Matilde Leonardi, in collaborazione con le Unità Operative di Neurofisiologia, Malattie Cerebrovascolari, Neuroradiologia e con il Policlinico. “Finanziato da Regione Lombardia, è durato tre anni”, spiega la dott.ssa Cristina Rosazza, ricercatrice del reparto di Neuroradiologia, che lo ha seguito in primis, “abbiamo studiato un network di aree fronto-parietali del cervello, associate al grado di coscienza. I risultati mostrano che l’integrità di queste aree è effettivamente associata ad una miglior condizione clinica, ovvero più queste aree sono conservate da un punto di vista anatomico, funzionale e metabolico, più alto è il livello di coscienza. In particolare lo studio dell’attività cerebrale residua, generata spontaneamente nel cervello, può essere utile nel processo diagnostico a indicare il livello di coscienza e può aiutare il clinico nei casi in cui la diagnosi è incerta. L’aspetto interessante è che questa misura di integrità funzionale, ottenuta mediante risonanza magnetica (RM) funzionale, può essere acquisita attraverso un esame di RM non invasivo, osservando l’attività cerebrale di base, senza bisogno di alcuna stimolazione.” Lo studio del CRC ha incluso esami di RM strutturale, RM funzionale e PET e per la sua qualità e rilevanza è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Internazionale Annals of Neurology col titolo “Multimodal study of Default-Mode Network integrity in disorders of consciousness”. “La casistica di questo studio è molto importante,” sottolinea la dott.ssa Maria Grazia Bruzzone, Direttrice dell’ Unità Operativa di Neuroradiologia della stessa Fondazione Besta. “Abbiamo utilizzato diverse tecniche di imaging, studiando il cervello da un punto di vista anatomico, funzionale e metabolico. Sono stati seguiti e monitorati 119 pazienti con disturbi di coscienza, per la precisione 72 persone in stato vegetativo, 36 in stadio di minima coscienza e 11 con una grave disabilità, di età compresa tra i 19 e gli 83 anni. I pazienti sono stati reclutati tra i 168 seguiti con un programma settimanale di assessment multidisciplinare presso il CRC del Besta tra il 2011-2013; ad un sottogruppo di 85 pazienti è stata fatta anche la PET presso la Fondazione I.R.C.C.S. Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Pochi centri al mondo, tra cui il Besta in Italia, hanno a disposizione una casistica di pazienti con disturbi di coscienza cronici così ampia e così ben studiata con tecniche avanzate, e questo ci permette di studiare innumerevoli aspetti e di ottenere risultati rilevanti”. Da un punto di vista scientifico lo studio dimostra che è importante, e si può misurare con precisione, l’attività cerebrale residua nei pazienti che emergono dal coma e questo è essenziale per la diagnosi, la prognosi e lo sviluppo di approcci riabilitativi e terapeutici molto più personalizzati per il singolo paziente. Questo aspetto è rilevante per le implicazioni che ne derivano: cliniche, etiche, terapeutiche, ma anche socio-economiche per il sostegno alle famiglie, che cambia in base alla diagnosi. Il CRC del Besta prosegue anche per questi motivi i progetti di ricerca nazionali ed internazionali su questi pazienti e sui loro familiari.

Domanda: è vero che ci sono fondi europei per progetti di integrazione? Luisa Fossaro

Risposta: ci sono fondi per promuovere il principio di non discriminazione e l’integrazione dei Rom. E’ aperto un bando di recente che cofinanzia progetti transnazionali o nazionali. Ogni progetto, che deve avere almeno tre enti/organizzazioni, partners da Paesi diversi, una volta approvato può ottenere un importo tra i 150mila e i 500mila euro. Il budget totale ammonta a 2.765.000 euro. Si può partecipare anche ad un bando europeo (rif. Bando JUST/2015/RRAC/AG) che cofinanzia progetti volti a prevenire e combattere il razzismo, la xenofobia, l’omofobia e altre forme di intolleranza. Il bando riguarda il programma europeo Diritti, uguaglianza e cittadinanza e i fondi sono per progetti transnazionali che riguardino le best practices per prevenire e combattere il razzismo, la xenofobia, l’omofobia e altre forme di intolleranza (BEST).

Domanda: cos’è la Carta Erasmus?

Risposta: La Carta Erasmus definisce il quadro qualitativo generale per lo svolgimento delle attività di cooperazione europea e internazionale che un istituto di istruzione superiore può realizzare nell`ambito programma Erasmusplus. L`acquisizione della Carta è condizione preliminare affinché un istituto e/o una università possano presentare proposte per le azioni di mobilità individuale ai fini dell’apprendimento e/o di cooperazione per l’innovazione e lo scambio di buone pratiche finanziate da ErasmusPlus. Devono presentare domanda gli istituti di istruzione superiore che abbiano intenzione di partecipare al programma Erasmusplus e non siano ancora in possesso della Carta. Le candidature possono essere presentate da istituti che siano stabiliti in uno degli Stati dell’Unione europea, Paesi EFTA/SEE (Islanda, Liechtenstein, Norvegia), Turchia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia.