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Evviva Sinner, italiano poco italiano (e meno male!). E su Montecarlo...
Sinner ha poco di italiano, Jannik rappresenta l’opposto della macchietta italica
Evviva Sinner, un italiano poco italiano (e meno male!)
Qualcuno ha brindato alla vittoria di Sinner pur rimarcando, impropriamente, la sua italianità sui generis: oltre al nome poco nazional popolare, è altoatesino e la sua lingua principale è il tedesco, inoltre ha la residenza a Montecarlo.
Credo che Sinner abbia poco di italiano non per le ragioni suddette ma perché rappresenta l’opposto della macchietta italica che spesso fa capolino fra gli italiani, almeno per come vengono talvolta identificati all’estero. Trovo prive di senso queste discussioni in un mondo iperconnesso dove i flussi migratori (ad ogni livello) sono inarrestabili nonostante le stupidaggini di chi minaccia blocchi navali o altre amenità del genere.
Sinner si sposta in base ai propri interessi e tutti noi faremmo lo stesso nelle sue condizioni. Anche nelle nostre misere esistenze (al cospetto della grande ribalta di sportivi o altre celebrità di successo) ci muoviamo secondo convenienza, cambiamo città o nazione per lavoro, sradichiamo figli dal loro habitat, mettiamo in crisi rapporti stabili facendo scelte di allontanamento e, se fossimo al posto di Sinner, Montecarlo sarebbe un’opzione.
Evviva Sinner, evviva un mondo sempre più fluido dove i confini hanno sempre meno valore, le baggianate sull’italianità e i licei del made in Italy sono solo l’ingenuo retaggio di una classe politica a corto di idee che non è in grado di guardare oltre al proprio naso.
Celebriamo Sinner, teniamocelo ben stretto, e che l’euforia per questo ragazzo nel nostro sempre più “piccolo” paese venga capitalizzata e ci faccia capire che siamo tutti uomini e donne di un mondo aperto e che abbastanza casualmente risiediamo in una qualche parte (più o meno fortunata).
Ahimè, però, aperto non significa in pace, infatti ci guardiamo intorno e vediamo l’inferno in campo internazionale, egoismi e viltà in ambito locale, ma questa è un’altra storia.