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Palestre in crisi a causa del caro bollette, chiedono "misure straordinarie"

Da una media di 50mila euro si è passati a 150mila euro, il triplo rispetto a prima

Sono tantissime le palestre che chiudono. Dopo aver resistito durante la pandemia, alzano bandiera bianca per il caro bollette

“È una situazione drammatica che sta facendo più vittime dei lockdown a inizio pandemia”. Queste le parole di Andrea Pambianchi, presidente di Ciwas (Confederazione italiana wellness e attività sportive) oltre che proprietario di palestre. “Il caro bollette ha agito sul nostro settore in maniera doppia: sulle tasche degli utenti che oggi hanno meno capacità di spesa e quindi rinunciano alla palestra; e direttamente sulle strutture con aumenti mostruosi. Per fare un esempio concreto, in un noto centro sportivo dotato di 2 piscine, la bolletta è passata da una media di 50mila euro a ben 155mila euro. Insomma si paga il triplo rispetto a prima”.

“Chi non ha ancora chiuso ha tanta paura di doverlo fare a breve, a causa di questa situazione insostenibile. Chi invece ha già lasciato la propria attività, si ritrova a gestire anche la difficile situazione degli abbonamenti da rimborsare”. 

Per alcune palestre che resistono, pochissime secondo Pambianchi, la chiusura delle concorrenti è quello che consente loro di rimanere aperti. “Gli utenti delle palestre chiuse passano a quelle vicine rimaste aperte, aumentando le loro entrate”, spiega il presidente del Ciwas. “Per molti utenti, però, significa dover rinunciare alla palestre. Pensiamo a tutti quei luoghi in cui non ci sono strutture alternative vicine a quelle chiuse. Questo significa che moltissimi italiani sono costretti a rinunciare a un’attività che, invece, sappiamo essere salutare con tutte le conseguenze associate a questa rinuncia”.   

A soffrire di più il caro bollette sono le piscine, dove non esistono strategie o compromessi che consentano di risparmiare sui costi. “Non si può di certo abbassare di qualche grado la temperatura dell’acqua o ridurre il tempo di accensione dei riscaldamenti”, spiega Pambianchi. La Ciwas, così come altre sigle associative, si è più volte appellata allo Stato.

In un documento unico ha chiesto che vengano prese in considerazione "misure straordinarie", come incentivi e bonus wellness. “Abbiamo chiesto anche la possibilità di consentire la detrazione dell’abbonamento dalle tasse come con i farmaci – dice Pambianchi - il settore sarebbe già pronto con il sistema informatico”.

Servono misure per aiutare le palestre a sopravvivere a questo periodo buio. Un supporto durante la pandemia era arrivato da iniziative private come quella dell’azienda italiana Fitprime, che gestisce programmi di wellbeing per molte corporate italiane come ENI, Accenture, Luxottica e per molte PMI italiane fornendo servizi legati al benessere ad oltre 250.000 dipendenti in Italia. 

“Fitprime è riuscita a coinvolgere una parte di utenza che non siamo mai riusciti a raggiungere prima”, spiega Pambianchi. Lo ha fatto intercettando un bisogno prima inespresso: la volontà delle aziende di offrire ai dipendenti una sorta di "bonus benessere", invece del solo e tradizionale buono pasto. Una via per fidelizzare ancora di più il dipendente, oltre che a promuovere il suo benessere e, di conseguenza, anche la sua produttività.

“C’è un grande interesse da parte delle aziende verso servizi che offrono benessere ai propri dipendenti”, conferma Matteo Musa, CEO Fitprime. “Ci si è resi conto che il benessere fisico e mentale dei propri dipendenti fa bene all’azienda e alla sua produttività”, aggiunge.