Il Montepulciano è solo abruzzese. Guerra del vino con le Marche...e non solo
Il presidente del consorzio Nicodemi chiede che sia assegnata all'Abruzzo l'esclusività del marchio in etichetta. Ma le Marche (e non solo loro) insorgono
Montepulciano, è scontro aperto tra Marche e Abruzzo per l'esclusiva del marchio
Che tra le Marche e l’Abruzzo non corresse buon sangue per via dell’esclusività del marchio Montepulciano in etichetta è cosa nota. Ora però la disputa sta assumendo tutti i connotati dell’escalation. Da una parte, c’è il presidente del Consorzio tutela vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, che chiede il reinserimento nel Registro nazionale varietà delle viti del sinonimo Cordisco per il diffusissimo vitigno, che così potrebbe essere utilizzato in altre regioni e rafforzare il prestigio del Montepulciano d’Abruzzo doc.
Dall’altra invece i produttori marchigiani, che non ci stanno a perdere la possibilità di apporre sull’etichetta dei propri vini il marchio. In particolare, - riporta Gambero Rosso - in un’intervista rilasciata al Resto del Carlino, l’imprenditrice vitivinicola ascolana Angiolina Piotti Velenosi ha minacciato “proteste plateali e una discesa in piazza con i trattori” dichiarando così guerra aperta contro Nicodemi, che, a sua volta, ha ribattuto a tono portando un esempio speculare nel mondo del winery.
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“La legge deve essere uguale per tutti” dice Alessandro Nicodemi, “e se hanno tutelano il nome Nero d’Avola in Sicilia, blindando le etichette solo ai vini siciliani e facendo utilizzare il nome Calabrese ai vini fatti con il vitigno Nero d’Avola fuori dai confini siciliani, non vedo perché non possiamo chiedere la stessa cosa noi con il Montepulciano d’Abruzzo”. Nicodemi sostiene di combattere anche a nome di altri vitigni che si identificano con alcune regioni italiane. “Ritengo che anche il Sagrantino Umbro, il Verdicchio di Jesi, il Cannonau della Sardegna e le altre denominazioni che coincidono con i vitigni, debbano essere tutelate. Il Pecorino è del Piceno? Ottimo. Tuteliamo anche il vitigno Pecorino e le altre zone d’Italia dovranno utilizzare un sinonimo”.
La replica dei vicini però resta salda. Secondo l’Istituto marchigiano di tutela vini “non c’è ragione di fare eccezioni, violando peraltro il principio di eguaglianza. Il mondo del vino, come previsto dal Testo unico, deve ambire alla massima trasparenza nei confronti dei consumatori, anche e soprattutto per un vitigno, il Montepulciano, coltivato in quasi tutte le regioni italiane per un totale di 35 mila ettari, 2 Docg, 36 Doc e 88 Igt”.
Montepulciano, Alessandro Nicodemi: “Significa tutelare il Made in Italy”
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Il presidente del consorzio abruzzese ricorda inoltre che il sinonimo Cordisco, era “sicuramente presente fino al 1988 e poi scomparso misteriosamente nella trasformazione dello stesso da cartaceo ad informatizzato”. “Da qualche interlocuzione avuta” prosegue “ci sembra che l’opposizione all’utilizzo di un sinonimo e quindi a un termine sicuramente meno noto al pubblico, abbia dei risvolti più commerciali che dediti alla reale e corretta informazione al consumatore. In sintesi noi crediamo che se il legislatore avesse voluto solo il vitigno come termine informativo, non avrebbe previsto, come invece ha fatto, anche l’uso di un sinonimo ed è su questa ratio che noi vorremmo la tutela non solo della nostra denominazione-vitigno ma anche di tutte quelle presenti nel variegato mondo enologico nazionale che hanno investito in comunicazione e promozione, creando un legame indissolubile fra un vitigno ed il suo territorio. Tutelare queste 'biodiversità', significa tutelare il nostro 'Made in Italy' che tutto il mondo ci invidia”.
Ma non è tutto, c’è un ulteriore campo di scontro a cui i produttori abruzzesi devono far fronte (sebbene il consorzio in questione neghi che per questo ci sia una battaglia legale in atto). Si tratta del Nobile di Montepulciano, coltivato in Toscana, che fa riferimento a un toponimo. L’unica critica esplicita ai colleghi abruzzesi per ora allude a una mancanza di collaborazione, rivendicando “una storia produttiva che ha già, da quasi 700 anni, la volontà di tutelare questo prodotto sia alla produzione che nella sua fase commerciale, elemento oggi più che mai fondamentale per la denominazione del vino prodotto in Toscana”.