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Cronache
Chiara Ferragni, il pm: "Un unico disegno criminoso". Il "sistema" beneficenza
Chiara Ferragni

Chiara Ferragni, marketing e beneficenza strettamente collegati. Svelato il "piano"

Per Chiara Ferragni i problemi si moltiplicano, le inchieste a suo carico sono arrivate a tre e tutte con lo stesso schema e l'identico capo d'accusa: truffa aggravata. Il procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco ipotizza un vero e proprio "sistema" di beneficenza. Il pandoro Balocco, le uova di Pasqua Dolci Preziosi e la bambola Trudi farebbero parte - si legge su Il Corriere della Sera - di "un unico disegno criminoso". Che collegava in qualche modo la beneficenza al marketing, ripetuto come un modus operandi. Facendo credere ai consumatori che più prodotti acquistavano, più soldi andavano ai progetti filantropici. La svolta nell’inchiesta emerge dal conflitto di attribuzione tra i magistrati di Milano e quelli di Cuneo. Il procuratore Onelio Dondero ha chiesto a Fusco la trasmissione del fascicolo sul Pink Christmas. E il pm di Milano ha chiesto alla Cassazione di risolvere la competenza territoriale.

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Fusco però - prosegue Il Corriere - ha dovuto spiegare perché riteneva giusta la competenza di Milano riguardo l’inchiesta. E così ha scoperto le carte. Comunicando l’apertura dell’indagine su uova e bambole, che secondo il pm hanno visto utilizzare lo stesso schema da parte dell’influencer. La partnership con l’azienda di Corato in provincia di Bari ha fruttato alla moglie di Fedez 500 mila euro nel 2021 e 700 mila nel 2022. Mentre all’associazione "Bambini delle fate" aveva già donato 36 mila euro. Il pandoro Balocco ha già portato alla multa da parte dell’Antitrust. Stessa ipotesi per la bambola Trudi. In più c’è la vicenda dei biscotti Oreo. Anche questa oggetto di un esposto all’Antitrust (da parte del Codacons) e, presto, anche di un esposto a Milano dove probabilmente la procura infilerà tutto nello stesso fascicolo. L’ipotesi di reato a carico di Ferragni, per tutti e tre gli episodi, è quella di truffa aggravata dalla minorata difesa dei consumatori. Il reato prevede una pena da uno a cinque anni di carcere.

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