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Depistaggio Borsellino, l'appello dei pm: "Hanno coperto i mandanti esterni"

Di Redazione Cronache

I motivi criticano tutte le conclusioni a cui erano giunti i giudici di primo grado, che avevano fatto decadere l'aggravante mafiosa

Depistaggio Borsellino, i motivi dell'appello contro le assolzuioni: “Hanno coperto i mandanti esterni”

Il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca e il pm Maurizio Bonaccorso hanno depositato i motivi di appello – lungo 98 pagine – alla sentenza emessa il 12 luglio del 2022 dal Tribunale di Caltanissetta nell'ambito del processo sul cosiddetto depistaggio Borsellino. Sentenza - quest'ultima - choc, visto che i giudici avevano dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D'Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo. Erano imputati di calunnia aggravata dall'avere favorito la mafia. Il venire meno dell'aggravante aveva determinato la prescrizione del reato di calunnia.

"L'impugnata sentenza è certamente da censurare per le conclusioni alle quali è pervenuto il tribunale con riferimento all'accertamento della responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, alla valutazione del ruolo di Arnaldo La Barbera e delle finalità del medesimo perseguite con l'illecita attività di inquinamento probatorio nella conduzione delle indagini sulla strage di via D'Amelio e, infine, alla comunicabilità della circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa degli imputati".

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Depistaggio Borsellino, l'appello dei pm: "Nella sentenza contraddizioni e profili di illogicità"

"La lettura delle sentenza manifesta le evidenti difficoltà dei giudici di primo grado nelle operazioni di analisi e valutazione dell'imponente materiale probatorio acquisito nel corso del processo". "E la spia di tale difficoltà la si ricava, oltre che da un estenuante ricorso al 'copia e incolla' delle precedenti sentenze che hanno definito i processi già celebrati per l'accertamento delle responsabilitò per la strage di via D'Amelio, da contraddizioni e profili di illogicità che talvolta la motivazione presenta in occasione dell'analisi di aspetti fondamentali per il thema probandum”.

E ancora: "I comportamenti tenuti dal dirigente della Squadra mobile Arnaldo La Barbera risultano eccessivamente sospetti e inducono ragionevolmente a ipotizzare un ruolo del dottor La Barbera per la sottrazione dell'agenda rossa". "Se realmente la spinta psicologica del dottor La Barbera nell'azione illecita che ha portato alla creazione di tre falsi collaboratori di giustizia - dicono i pm - fosse stata soltanto quella di 'potere mantenere e accrescere la propria posizione all'interno della Polizia di Stato', come ritiene il tribunale, allora si sarebbe dovuto assistere a iniziative e comportamenti totalmente diversi, con sforzi investigativi orientati a cercare di fare luce anche sul mistero dell'agenda rossa". Per la Procura "La chiave di lettura alle incomprensibili condotte e reazioni del dottor La Barbera su questa specifica vicenda allora non può essere altra che quella del mantenimento delle indagini all'interno del 'perimetro' mafioso della strage".