Cronache
Gender Gap in Italia: tiriamo le somme per il 2022
Secondo la classifica mondiale del World Economic Forum siamo al 63esimo posto su 146
Dai dati è evidente che la donna rimane la responsabile della gestione della casa e dei figli
Nell'ultimo report annuale del World Economic Forum dal titolo Global Gender Gap Index, che misura in 146 Paesi il gender gap o divario di genere in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello di istruzione, l’Italia risulta 63esima, mantenendo la stessa posizione della classifica 2021.
La classifica mondiale: i Paesi più virtuosi
Il Global Gender Gap Index è un indice composito, compreso tra 0 (assenza di parità) e 1 (totale parità), che misura il divario di genere in diversi campi: la partecipazione economica e politica, la salute e il livello di istruzione. I Paesi più virtuosi in termini di parità di genere sono l’Islanda, che occupa la prima posizione già da diversi anni, seguita dalla Finlandia e dalla Norvegia. Nella top ten sono presenti anche Svezia, Irlanda e Germania.
Come si posizione l’Italia
Nella classifica del 2022 l’Italia si colloca al 63esimo posto su 146 Paesi monitorati, registrando un miglioramento di solo 0,001 punti (il punteggio complessivo raggiunge il valore 0,720 da 0,721 dell’anno precedente). L’Italia continua ad occupare la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61esima) e Zambia (62esima). A livello europeo l’Italia è 25esima su 35 Paesi.
Il confronto con alcuni benchmark europei mette in evidenza il ritardo dell’Italia nella riduzione del gap di genere: infatti, Spagna e Francia risultano rispettivamente 17esima e 15esima, mentre la Germania occupa addirittura la decima posizione a livello mondiale.
In termini di partecipazione femminile al mercato del lavoro l’Italia si posiziona agli ultimi posti in Europa, con una differenza di oltre 20 punti percentuali tra il tasso di occupazione femminile e quella maschile. In questa stima il fattore più impattante è la genitorialità: il 38% delle donne modifica la propria situazione lavorativa per esigenze familiari (contro il 12% degli uomini) e il 33% delle donne abbandona il mondo del lavoro dopo il primo figlio, con tassi crescenti all’aumentare del numero di figli.
Si segnala inoltre un divario contributivo, il cosiddetto “gender pay gap”, importante tra uomini e donne, che nel 2022 risulta intorno al 20-24% nel solo settore privato.
In termini di partecipazione all’istruzione, invece, le donne risultano mediamente più istruite degli uomini (il 59% dei laureati italiani è donna e il voto di laurea femminile è di 2 punti superiore a quello maschile), sebbene nelle discipline scientifico-tecnologiche si registrino dei dati più gratificanti per il genere maschile, dati che risultano ancor più rilevanti considerata l’alta richiesta di tali competenze in ambito lavorativo.
La dimensione del tempo, in particolare quello non remunerato e dedicato alla cura della famiglia e alla casa, continua a penalizzare significativamente le donne: l’Italia è fanalino di coda in Europa con l’81% di donne che vi si dedica tutti i giorni contro il 20% degli uomini (in confronto con il 79%-34% in Europa ed il 74%-56% in Svezia). La donna rimane la responsabile della gestione della casa e dei figli.
Un dato in positivo per l’Italia è invece la rappresentanza femminile nelle posizioni di potere, dovuto principalmente alla maggior presenza femminile negli organi societari delle società quotate e delle società pubbliche che risulta superiore alla media europea.
Quanto tempo serve per ridurre il gender gap o divario di genere?
Il gender gap globale è stato colmato al 68,1%. Se si mantiene questo andamento, serviranno ancora 132 anni per colmare il gap di genere: anche se si tratta di 4 anni in meno rispetto ai 136 stimati nel ranking 2021, l’obiettivo virtuoso è ancora lontano.
Alcune aree nel mondo, come quella europea e nord americana, presentano una situazione migliore: per l’Europa il gap potrebbe essere colmato fra 60 anni (59 anni per il nord America).
Interessante è lo stato dei divari di genere rilevato a livello globale nella forza lavoro. Riguardo al lavoro di cura relativo a 33 Paesi (che rappresentano il 54% della popolazione mondiale in età lavorativa), emerge che la quota di tempo impiegato dagli uomini in lavoro non retribuito è stata, rispetto al lavoro totale, il 19%, mentre per le donne è stata il 55%.
Si registra invece una progressione delle donne nelle cariche pubbliche: la quota media mondiale di donne in posizioni ministeriali è quasi raddoppiata tra il 2006 e il 2022, passando dal 9,9 al 16,1%.
Allo stesso modo, la quota media mondiale di donne in parlamento è salita dal 14,9 al 22,9%. Restano significativi i divari di genere nell’ambito dell’istruzione: le donne continuano a essere sottorappresentate nei settori STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Considerando i laureati di tutte le discipline, la percentuale di donne laureate in Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) è l’1,7%, contro l’8,2% di laureati uomini; in Engineering and Manufacturing gli uomini sono il 24,6% e le donne il 6,6%.