Cronache

Torino detenuto s'impicca in carcere con un lenzuolo, era accusato di stalking

Un detenuto del carcere di Torino ha attaccato alle sbarre della cella un lenzuolo e si è suicidato. L'uomo ha lasciato una lettera

Torino, detenuto s'impicca in carcere con un lenzuolo, era acusato di stalking dall'ex fidanzata

Nel carcere di Torino, un detenuto di 56 anni si è suicidato impiccandosi con un lenzuolo, alle 23.00 circa di ieri 9 novembre, nella sua cella al Lorusso Cutugno. L'uomo era accusato di stalking dall'ex compagna.

L'evento è accaduto nel padiglione C della struttura e l'uomo è stato trovato seduto a terra. Nella cella è stata rinvenuta una lettera, che aveva scritto per spiegare le ragioni del suo gesto, legate a questioni personali, e una sorta di testamento. A trovare il corpo è stato un agente della polizia penitenziaria durante il giro di controllo e ha lanciato l'allarme.

Antonio, questo il nome della vittima, era entrato in carcere ad agosto, era accusato di stalking dall'ex fidanzata ed era in attesa di giudizio. Il detenuto per togliersi la vita ha usato un lenzuolo e l'ha attaccato alle sbarre. Lo scorso 28 ottobre, nella stessa struttura detentiva si era tolto la vita allo stesso modo Tecca Gambe, il ragazzo del Gambia finito in carcere per aver rubato delle cuffiette.
 

Dall'inizio dell'anno i suicidi nelle carceri sono 77, un numero allarmante

In una nota il portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, Stefano Anastasia, dopo aver appreso la notizia del suicidio in carcere a Torino di un detenuto italiano di 56 anni, ha dichiarato: "Con questo ultimo tragico caso, siamo a 77 suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, il numero più alto di sempre (solo nel 2009 a fine anno i suicidi superarono le 70 unità, fermandosi però a 72). I suicidi costituiscono il 51% dei casi di morte registrati in carcere nel corso dell’anno, anche questa percentuale mai così alta dall’inizio del secolo. Ogni caso è caso a sé, con la storia di quella persona e della sua disperazione, ma il dato generale è impressionante ed è indice di una generale mancanza di speranza nelle nostre carceri".

Nella nota, Stefano Anastasia continua: "Salvo poche, ammirevoli, esperienze di sostegno e accompagnamento al reinserimento sociale la grande maggioranza dei detenuti e delle detenute vive la carcerazione come un periodo più o meno lungo di abbandono e di disperazione. Paradossalmente, l’emergenza pandemica dava più stimoli a sopravvivere, facendo sentire i detenuti, seppure chiusi in carcere, parte della società esterna, anch’essa alle prese con la prevenzione e la cura del virus".

"Il carcere è tornato a essere un luogo di isolamento e di disperazione, e il numero di suicidi ne è una drammatica testimonianza. Se non vogliamo rassegnarci a questa tragedia o scaricarne la responsabilità sugli operatori penitenziari e sanitari in trincea, bisogna ridurre il carcere a extrema ratio e aprirlo alle attività e al mondo esterno, per restituire ai detenuti la speranza in un futuro degno di essere vissuto", conclude Anastasia.