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Cronache
Zuppi prende il posto di Parolin. Ma la lotta per il post Bergoglio è aperta
I cardinali Matteo Maria Zuppi e Pietro Parolin

Matteo Zuppi ha sostituito Pietro Parolin. Sullo sfondo la lotta per la successione a Papa Francesco

Matteo Maria Zuppi (68), romano, è il potente capo della CEI (Confederazione Episcopale Italiana), e da inizio anno è iperattivo, lo è esattamente dalla scomparsa di Papa Benedetto XVI, una coincidenza significativa. Il suo potere all’interno del Vaticano è cresciuto esponenzialmente da quando il conservatore Papa Ratzinger non c’è più. Matteo Maria Zuppi è un Principe della Chiesa, cioè un Cardinale, nonché arci-vescovo di Bologna. Il suo motto latino è: “Gaudium domini fortitudo vestra” e cioè “La gioia del Signore è la tua forza”.

Zuppi è molto vicino alla Comunità di Sant’Egidio –fondata dall’ex ministro Andrea Riccardi- il che fa di lui un “progressista” post – conciliare. Alcuni anzi dicono che lo è troppo, perché è anche molto vicino a Monsignor Vincenzo Paglia, figura storica di Sant’Egidio, noto per le sue battaglie progressiste e che compare anche in un bizzarro affresco omoerotico che si trova nella cattedrale di Terni e in cui è rappresentato semi - nudo con lo zucchetto episcopale. Parolin (68) è invece una persona completamente diversa da Zuppi.

LEGGI ANCHE: Zuppi ora va pure in Cina. Il lungo "filo giallo" della diplomazia vaticana e il comunismo

Vicentino, introverso, meditativo, a 14 anni è entrato in seminario e ha svolto sempre il suo servizio presso la diplomazia della Santa Sede. È stato nunzio apostolico in Nigeria e Messico, successivamente in Venezuela, quindi in Africa ed in America del Sud, il centro della nuova evangelizzazione. Terre difficili, in cui si è comportato con sapienza, duttilità e circospezione dovuta alla sua formazione diplomatica. Ha collaborato con il potente e controverso Cardinal Tarciso Bertone (conservatore fedele a Papa Ratzinger) che ha sostituito poi nel ruolo di Segretario di Stato vaticano (voluto peraltro dallo stesso Francesco) e cioè quello che politicamente sarebbe un Primo Ministro. È considerato anche lui un conservatore, anche se illuminato.

Ad esempio, sulla questione del matrimonio omosessuale ha commentato –a suo tempo- la legalizzazione irlandese come “una sconfitta per l’umanità”. Più volte ha fatto riferimento all’ “hybris” dell’umanità che è caratterizzata da “una tracotanza violenta di chi vuole equipararsi a Dio”. A lui spetterebbe di diritto occuparsi di politica estera ma praticamente da un anno non tocca più palla perché Papa Francesco si fida unicamente di Zuppi che è il vero Segretario di Stato vaticano. Parolin è stato semplicemente sostituito pur rimanendo formalmente titolare del dicastero pontificio. E se ci si era accorti già dai tempi della guerra in Ucraina di questa sostituzione ora abbiamo avuto la prova provata con lo scoppio della guerra tra Israele e la Palestina.

Parolin è letteralmente scomparso dai radar mentre Zuppi ha preso in mano tutto e guida la diplomazia d’Oltretevere in questa doppia partita difficilissima, anzi tripla, perché bisogna anche considerare la questione di Taiwan, l’antica Formosa, conosciuta anche come “Cina nazionalista”. In questa ottica Zuppi è senz’altro più utile di Parolin perché Sant’Egidio è da sempre molto vicino alla Cina con cui intrattiene amichevoli rapporti. Oltre alla questione di Taiwan c’è ne è un’altra a cui la Chiesa cattolica tiene molto e cioè l’ordinazione dei nuovi sacerdoti che sono sponsorizzati dallo Stato cinese, cioè dal Partito comunista, e che comunque vede la Chiesa romana avere un ruolo di consultazione per la nomina.

Anche se tutto questo va a danno della Chiesa cattolica locale –spesso perseguitata- che vorrebbe nominare direttamente i suoi vescovi. Chiaramente Zuppi non può essere ufficializzato Segretario di Stato perché nel contempo è il capo dei vescovi italiani, quelli che comandano davvero nella Chiesa. Quindi Papa Francesco, che è il solo responsabile delle nomine, perché il Vaticano è uno stato teocratico, ha trovato questo escamotage. Del resto il buon Parolin è un diplomatico astuto e sta aspettando il suo momento. Fa buon viso a cattivo gioco. È gioioso ed affabile, tra una polenta e un bicchier di vino rosso. Inaugura chiese di periferia e distribuisce parole buone per tutti. Ma sullo sfondo c’è la successione a Papa Francesco e il Conclave che potrebbe vedere proprio un “derby” tra Parolin per i conservatori e Zuppi per i progressisti.

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