Culture
Ferrari: "A volte per gli editori la crisi diventa un alibi... Il Centro per il libro? Non ha la bacchetta magica. Ma..."
di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton
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"Nei corridoi semivuoti della Fiera di Francoforte il declino italiano diventa palpabile". La dura analisi di Gian Arturo Ferarri, ex numero uno della Mondadori Libri e attuale presidente del Centro per il libro e la lettura, apparsa ieri sul Corriere della Sera, ha confermato tutte le difficoltà che sta vivendo la nostra industria libraria. Secondo il "professore" dell'editoria italiana, "quel che sta accadendo è davvero allarmante. Non è il solito piagnisteo perché non siamo arrivati abbastanza in alto. È il contrario, è il senso di vuoto di chi si accorge di esser giunto in cima alla parabola e vede di fronte a sé solo la discesa, non si sa quanto precipitosa...". Insomma, a preoccupare Ferrari (e non solo lui) non è soltanto il presente (i dati presentati dall'Aie alla Buchmesse sono allarmanti - nel box a destra i dettagli), ma soprattutto il futuro.
In rete e sui giornali le parole di Gian Arturo Ferrari stanno facendo discutere gli addetti ai lavori, ovviamente non mancano le critiche. In una lettera aperta apparsa su minimaetmoralia.it, il blog del marchio indipendente minimum fax, lo scrittore, editor, critico letterario ed ex leader del movimento TQ Christian Raimo, chiede a Ferrari di valutare un addio alla presidenza del Centro per il Libro. Secondo Raimo, infatti, il responsabile di un'istituzione come il Cepell dovrebbe "trovare soluzioni, non lanciare geremiadi sul Corriere: questo mi sembra il compito di un’istituzione...".
Ferrari, interpellato da Affaritaliani.it, proprio non ci sta: "Adesso in Italia non si può più esprimere un parere? Quella che ho pubblicato è una riflessione sull'industria editoriale. E' una critica ai miei ex colleghi. Non c'entra con il Cepell". Gian Arturo Ferrari non ha dunque alcuna intenzione di lasciare la presidenza del Centro per il libro ("tra l'altro, il mio incarico è a titolo gratuito, e non me ne lamento, metto volentieri a disposizione la mia esperienza"): "Io credo nel Centro per il libro, e credo che la stessa industria libraria italiana possa ancora riuscire a trovare una via d'uscita. Ma abbassare i prezzi non è certo la soluzione... E credo anche che se si inbocca una strada involutiva, sia giusto sottolinearlo. I problemi non vanno nascosti, ma affrontati".
Ferrari nel suo intervento sul Corsera scrive anche che in Italia la mano pubblica "non ha saputo creare una platea di lettori perché non ha mai davvero creduto che leggere libri fosse uno degli attributi essenziali della cittadinanza moderna". Il suo giudizio sull'attuale ministro dei Beni Culturali, come spiega ad Affaritaliani.it, però è positivo: "Bray si sta impegnando con grande energia. In questi giorni lo stiamo aiutando a preparare il Piano nazionale di promozione della lettura. Proprio questa mattina è previsto un incontro". A questo proposito, però, Ferrari è consapevole che per un'azione davvero incisiva "servirebbero almeno 20 milioni di euro l'anno, una cifra che in questo momento non possiamo neppure sognare". Ferrari non crede nei miracoli: "Sono un riformista, oltre che un gradualista. Serve tempo. E il Cepell non ha la bacchetta magica; le risorse sono quelle che sono. Faremo tutto quello che potremo con i mezzi che avremo a disposizione". Che, sempre secondo Ferrari, nei prossimi mesi "non potranno aumentare... Ma ha presente in che condizioni è l'Italia?".
A Ferrari chiediamo di torniamo sulle critiche rivolte ai suoi ex colleghi: "Credo che a volte per gli editori la crisi diventi un alibi...". Lo interrompiamo per ricordargli che è stato a lungo il numero uno della Mondadori Libri in una fase positiva per il mercato... "Sicuramente quando ero a Segrate ho avuto fortuna. E so benissimo che oggi il contesto è ben diverso. Ma alla fine contano sempre e solo i fatti. E oggi vedo un'editoria italiana che non riesce più a tenere il passo degli altri Paesi europei. A Francoforte mi ha colpito la differenza tra il nostro stand e quello francese. Ma non voglio perdere le speranze...".