Economia

Altro che contro l’Europa, la Meloni filo-Ue ha fatto abbassare lo spread

di Lorenzo Goj

La politica filo Ue del governo instilla nei mercati fiducia verso il nostro Paese. Quello zampino non messo da Meloni tra le chiavi del crollo dello spread

Crolla lo spread, gli analisti: "Scenderà fino a 100 punti, poi risalirà"

Il crollo dello spread si avvicina al capolinea. Precipitato a quota 123 punti, con minimi intra-day a 116 punti difficilmente immaginabili fino a qualche mese fa, il differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi è tornato ai livelli del 2021 quando alla presidenza del Consiglio vi era Mario Draghi.

I motivi del forte ribasso sono diversi, ma quello che si chiedono gli esperti è, appunto, quanto durerà questo fenomeno. Interpellati da Affaritaliani.it, gli analisti spiegano che alla base del calo del differenziale italiano vi è la prospettiva di ribasso dei tassi da parte della Banca centrale europea.

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“È molto difficile che lo spread scenda sotto i 110-100 punti, si tratta anche di una barriera psicologica. Oltre quel livello, la resistenza sarebbe troppo alta per un Paese come il nostro…”, spiegano. Nel dettaglio, una politica monetaria più accomodante, di norma, favorisce i Paesi con un debito più elevato, come appunto l’Italia. D’altra parte, invece, quando una Banca centrale tende a essere restrittiva sulla politica economica allora è più facile per i Paesi con più debito entrare in una fase di crisi, facendo grande fatica a finanziarsi.

“Un altro aspetto ad aver contribuito al fenomeno di ribasso del differenziale è la performance italiana nel breve termine”, spiegano gli analisti ad Affari. In sintesi, mentre l’economia italiana ha tenuto bene, quella tedesca – notoriamente molto forte - nell'ultimo periodo ha perso colpi, favorendo così la compressione dello spread tra Italia e Germania.

Ma le buone notizie, come le bugie, potrebbero avere le gambe corte. È previsto, infatti, che l’ottimistica performance italiana vada a rientrare, viste le previsioni non esattamente brillanti del 2024. “Niente di così grave, comunque”, sdrammatizzano gli analisti, sottolineando però che “il movimento più importante è già stato fatto” e che “lo spazio di contrazione ulteriore dello spread sta andando a esaurirsi”.

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Ma oltre ai tassi d’interesse e alla performance economica c’è anche lo zampino del governo. O meglio. Il fatto che il governo quello zampino non ce l’abbia effettivamente messo. Come spiegano gli esperti ad Affari, i governi difficilmente possono influire positivamente sul debito e sullo spread. È molto più facile, infatti, fare danni che portare vantaggi. Dunque bisogna puntare sul causare meno problemi possibile. “Ed è proprio questo che ha fatto il governo Meloni”, spiegano gli analisti.

La premier e il ministro dell’Economia Giorgetti hanno fatto di tutto per evitare di creare problemi. Per certi versi andando contro la campagna elettorale, Meloni è stata molto più filo-europea di quanto ci si potesse mai aspettare. Dunque, da quel punto di vista, i mercati hanno percepito la volontà di non avventurarsi in politiche economiche “fantasiose” che potessero mettere in crisi i conti.