Economia

Altro che inverno "tranquillo": il gas si sta esaurendo e il 2023 sarà duro

di Marco Scotti

Se viene bocciato il rigassificatore di Piombino avremo grossi problemi a passare il prossimo inverno

Energia, il gas è meno di quanto speravamo

Ci siamo talmente abituati a parlare di un inverno 2022-2023 “tranquillo” dal punto di vista delle scorte di gas, che ora che il meteo ha iniziato a diventare “normale” ci siamo resi conto che forse non c’era motivo di dormire sonni così rilassati. Il gas c’è, per carità, ma non così tanto come si sperava. Ogni giorno le scorte si riducono e se si dovesse arrivare ai livelli dello scorso anno, con giornate di febbraio in cui si bruciavano 350 milioni di metri cubi di gas, c’è poco da stare allegri. E poi attenzione, perché il 2023 sarà ancora più complesso. Perché mancheranno le riserve russe. E perché, come testimonia Bankitalia, senza di quelle si rischia la recessione.

Non si può scherzare col fuoco. Il prossimo 21 dicembre il Tar si pronuncerà sull’impianto di Piombino, il rigassificatore che potrebbe permettere all’Italia di impiegare il GNL che arriva sotto forma liquida sulle navi cargo. La peculiarità di Piombino è duplice: intanto è il sito più vicino (8 km) dagli impianti Snam che poi immettono nella rete il gas; e poi è già pronto, o quasi, per diventare operativo in primavera. Se però il Tar dovesse dare ragione ai ricorrenti, l’impianto andrebbe bloccato e smantellato. E a quel punto?

Da una parte c’è la diversificazione che Eni ha avviato dal 2014, con il gas egiziano, libico, in Angola, in Indonesia, in Mozambico. Di più: c’è chi sostiene che il cane a sei zampe vorrebbe tentare di realizzare un colossale hub del gas mediterraneo che coinvolga anche Cipro e che permetta quindi di liberarsi non solo dalla dipendenza dal gas russo – che con ogni probabilità non riscalderà mai più le nostre case – e al tempo stesso di togliersi quello snobismo tutto europeo per cui si pensa che l’Africa non esista, sia un continente di Serie B con progetti di Serie B. C’è una pigrizia intellettuale ma anche un preciso disegno politico che non vuole un’Italia forte dal punto di vista energetico. E il caso di Enrico Mattei, a 60 anni dalla morte, è ancora lì a testimoniarlo.