Economia
Colaninno e la fine dell'Olivetti. Il ruolo di Bersani, D'Alema, Fiom
La scomparsa di Colaninno il responsabile della fine dell’Olivetti e delle scorribande in Telecom
Il ruolo di Bersani, D’Alema e della Fiom - Cgil nella distruzione dell’Olivetti
È scomparso Roberto Colaninno, un protagonista della finanza –ed in parte- della industria italiana dell’ultimo mezzo secolo.
Mantovano, fonda la Sogefi attiva nella componentistica dell’auto, poi confluita nella Cir di De Benedetti.
Diventa famoso nel 1996 quando diviene amministratore delegato dell’Olivetti che è in piena trasformazione. Dopo essere stata leader nelle macchine da scrivere è infatti diventata leader nell’informatica, andando a competere direttamente con la IBM e divenendo un gioiello nazionale che però De Benedetti non pensa due volte a distruggere a favore della Omnitel, compagnia privata di telefonia e di Infostrada, attiva nella telefonia fissa.
Insomma, come al solito, l’Ingegnere aveva fiutato il vento e soprattutto l’affare e gettò alle ortiche la professionalità italiana di tante persone operanti nell’azienda di Ivrea andando a cercare la telefonia che rappresentava il futuro. Tutto in nome del Dio Quattrino.
È allora che Colaninno, su input diretto di De Benedetti, vende –per oltre sette miliardi- a Mannesmann che poi cederà tutto a Vodafone.
Ma il punto chiave della vicenda è la “madre di tutte le privatizzazioni” e cioè quella di Telecom decisa da Romano Prodi a cui serviva mettere a posto i conti dello Stato per entrare nell’Euro.
Così nel 1999 si ha l’Opa su Telecom Italia con la banca Chase Manhattan che fa da garante e col il presidente del Consiglio Massimo D’Alema che definisce Colaninno e soci “capitani coraggiosi”.