Economia
Cybersecurity, l'Italia a forte rischio. Necessari investimenti e formazione
Quanto vale la cybersecurity in Italia e quanto si dà importanza ai rischi di cyber attacchi? Tutte le risposte al Meeting del Made in Italy
Cybersecurity, tutti gli interventi alla quinta edizione del Meeting del Made in Italy
Regole, formazione e investimenti. Questi i tre tasselli fondamentali che ruotano attorno alla cyber security, tema centrale di cui tanto si è discusso oggi, mercoledì 22 maggio, alla quinta edizione del Meeting del Made in Italy organizzato dalla Confederazione AEPI e Affaritaliani.it.
Moderati da Marco Scotti, condirettore della nostra testata, sono intervenuti sul delicato argomento informatico: Imma Battaglia, Responsabile AEPI per l’innovazione, digitalizzazione e IA; Antonio Malaschini Consigliere giuridico del Ministro dell’Economia, già Segr. Gen. del Senato; Guido Scorza, Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali; Serafino Sorrenti, Chief Innovation Officer del Consiglio dei Ministri e Antonio Iannamorelli, Government Affairs Director di Telsy.
Malaschini: "La formazione è necessaria"
“Innanzitutto, potremmo definire la cybersecurity come un insieme di tecnologie, strumenti, processi organizzativi e norme al fine di proteggere aziende, sistemi comunicativi e singole persone dai cyber attacchi”, spiega Malaschini.
“Ma per poterla gestire, è necessario un processo di formazione molto intenso. E ovviamente servono i soldi per farlo. All’Italia serve educazione informatica, cosa che oggi rappresenta una mancanza”, sostiene ancora. “Inoltre, deve favorirsi un forte scambio di informazioni tra pubblico e privato. Non deve esserci gelosia nei dati. Servono scambi di info, notizie, esperienze”, dichiara.
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Battaglia: "Bisogna investire subito sulla cybersecurity, non c'è più tempo"
A sostenere la tesi dell’importanza della formazione è anche Battaglia, la quale aggiunge inoltre che oggi in Italia vi sono già realtà dedicate a questo settore informatico, ma il problema è che non hanno abbastanza “voce”.
“Le piccole e medie aziende, le quali rappresentano le vere competenze italiane nel tech, vengono schiacciate da quelle grandi”, afferma. “La cybersecurity deve essere italiana, fatta dagli italiani con algoritmi italiani. A oggi, infatti, ci ritroviamo nel bel mezzo di una vera e propria guerra cibernetica, soprattutto per i costi”, spiega Battaglia.
“Non c’è tempo per aspettare, dobbiamo investire immediatamente sul settore della sicurezza informatica. E tali investimenti sul settore devono essere accompagnati da una formazione altrettanto efficace. Più l’Italia si digitalizza, più ci sarà bisogno di cyber sicurezza. Soprattutto con l’avvento dell’IA”, spiega ancora.
Sorrenti: "Ecco a che punto è la cyber sicurezza in Italia"
Ok, dunque. Investimenti e formazioni sono due priorità. Ma a che punto è realmente il nostro Paese a livello di cyber sicurezza? A rispondere è Sorrenti, il quale spiega che “le cose stanno andando avanti velocemente. Stiamo cercando di velocizzare il piano nazionale. Soprattutto sull’IA. E la formazione sarà assolutamente un punto fondamentale della strategia che pubblicheremo a breve sul tema della sicurezza informatica”, spiega il capo dell’innovazione di Palazzo Chigi. “Avere figure professionali idonee sarà importantissimo per difendere il nostro Paese dai cyber-attacchi”, dichiara infine.
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Iannamorelli: "Il nostro mercato vale 2 mld. Siamo il target preferiti per gli attacchi"
Mentre a livello di mercato, cioè quanto vale effettivamente il settore della cybersecurity in Italia, a dare la risposta è Iannamorelli. “Il mercato oggi vale circa 2 miliardi di euro. Certo che, se paragonata al livello degli Stati Uniti dove sul settore sono stati investiti 68 miliardi l’ultimo anno, l’Italia ha ancora molta strada da percorrere”, spiega l’esperto.
“Per avere una reale resilienza ai cyber attacchi, bisogna arrivare intorno all’1,2% degli investimenti pubblici lordi all’anno. Ovvero, circa 2,3 mld all’anno di investimenti pubblici”.
“Perché l’Italia è il target preferito degli attacchi cyber? Perché siamo i migliori della crescita digital, ma non stiamo al passo per quanto riguarda la cybersecurity. Credo, comunque, che il 2024 sarà l’anno della svolta. La cybersecurity è una grande opportunità per tutto il Paese, ma è necessario che lo sforzo non sia solo di quelli che si occupano di tale settore ma che si instauri anche all’interno del vertice amministrativo, e dunque che venga socializzata a livello di governo come discussione prioritaria sul tema delle risorse. Servirebbe un Pnrr anche per la cybersecurity”, conclude infine con una battuta Iannamorelli.
Scorza: "L'Italia a forte rischio di cyber attacchi, ma non c'è ancora percezione di questo pericolo"
Ma se, dunque, l’Italia è tra i target preferiti per i cyber attacchi per la sua forte corsa alla digitalizzazione, le aziende hanno effettivamente la percezione di questo rischio? “A oggi, la percezione di tale pericolo non c’è”, risponde Scorza, il quale sposta il focus sull’intelligenza artificiale. “Come la cyber security, anche l’IA un’opportunità straordinaria che, però, davanti all’incompetenza, diventa un grande pericolo”.
Sorrenti: "Le norme sull'IA non blocchino l'industria"
E a proposito di intelligenza artificiale, l’Europa, a differenza del resto del mondo, piuttosto che concentrarsi sullo sviluppo di tale industria, sta sfornando regolamentazioni a ruota libera. Ma è, questa, effettivamente una buona strategia o rischia di escluderci dalla partita dei futuri big del settore?
“Bisogna arginare i pericoli, non bloccare l’industria”, torna a rispondere Sorrenti. “Dopo la dotazione dell’AI Act dell’Unione Europea, l’Italia è stato il primo Paese a legiferarla. Ma questo deve essere un Dl che permetta di sviluppare e far crescere le imprese, non di bloccarle”, conclude infine.