Economia
Debito, piano anti-spread di Intesa. Il mattone di Stato ai fondi
Per il presidente di Intesa-Sanpaolo un’incentivazione fiscale potrebbe invogliare gli italiani a sottoscrivere, ottenendo risorse preziose per la crescita
Le banche italiane, Intesa Sanpaolo in testa, sono pronte e in grado di dare una mano al governo sulla strada del rafforzamento di una crescita economica che anni di austerità e adesione al “sentiero stretto” disegnato dalla Ue per l’Italia avevano prodotto solo in modo impercettibile. Ma, è il suggerimento che viene dal presidente dell’istituto guidato da Carlo Messina ovvero Gian Maria Gros-Pietro, anche il governo deve fare le sua parte e non può certo farla nel senso di un indiscriminato incremento di deficit e debito.
Parole di buon senso visto che il debito pubblico italiano è già pari ad oltre il 130% del Prodotto interno lordo (Pil) ovvero, in valore assoluto, ad oltre 2.326,5 miliardi di euro a fine agosto come ha confermato Banca d’Italia segnalando un calo di 15,5 miliardi rispetto alla cifra record di luglio, nonostante un calo del 3,9% su base annua delle entrate fiscali del mese (43,7 miliardi), entrate sostanzialmente stabili nei primi otto mesi dell’anno (280,2 miliardi, +0,6% rispetto allo stesso periodo del 2017).
Ma come può nel concreto il governo cercare di tenere il debito sotto controllo con una manovra di bilancio che si vuole espansiva? Ad esempio, suggerisce Gros-Pietro, mettendo sul mercato parte del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione. Secondo il banchiere torinese, infatti, “c’è un patrimonio di almeno 50 miliardi di immobili di enti pubblici, in gran parte enti pubblici territoriali che è largamente inutilizzato e comunque sottovalutato, con un reddito che è inferiore al costo del debito che potrebbe essere essere estinto con quel capitale”.
“E’ importante, ha aggiunto Gros-Pietro, “che questo capitale immobiliare venga rimesso sul mercato”, ossia che il contenuto reale di questo patrimonio stimato da Intesa Sanpaolo in oltre 50 miliardi di euro “ridiventi qualcosa che può essere utile alla crescita del paese”. L’operazione avrebbe infatti un duplice vantaggio.
Da un lato si otterrebbero immediatamente (dagli acquirenti degli immobili, ndr) risorse finanziarie con cui sostenere le misure pro-crescita, dall’altro le risorse stesse verrebbero recuperate “quando il patrimonio verrà utilizzato in attività utili” rispetto ad una situazione attuale di cattivo utilizzo o sotto utilizzo degli immobili stessi.
Finora però il mattone di stato ha fatto fatica a trovare la via del mercato: per questo il presidente di Intesa Sanpaolo suggerisce di creare una serie di fondi immobiliari a cui conferire gli immobili, fondi che i cittadini italiani “possono essere invitati a sottoscrivere”, magari con un incentivo basato su forme di esenzione fiscale un po’ sul modello dei fondi Pir-compliant.
Una proposta di buon senso, come detto, che si spera riesca a dare oltre che plusvalenze più o meno congrue ai promotori dei fondi (banche in primi, probabilmente), un sostegno all’economia reale maggiore di quello dato dagli stessi Pir, che su 14,4 miliardi di euro raccolti hanno investito in titoli di piccole e medie imprese appena 4 miliardi. Se son rose, anzi immobili di stato adatti al mercato, fioriranno.
Luca Spoldi