Economia
Enel, resa dei conti in assemblea. Ma il vero problema sono i capitali fuggiti
Amundi detiene, grazie all'acquisto di Pioneer Investments, lo 0,68% di Enel: e se votasse per la lista di Covalis? Un rischio che si poteva evitare
Enel, resa dei conti in assemblea. Ma il vero problema sono i capitali fuggiti dall'Italia
Dice l’adagio: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Nella querelle sulle liste di Enel, sul consiglio di amministrazione, sui nomi che si spendono per i ruoli di potere si rischia di fare lo stesso imperdonabile errore. Perché nel mercato moderno, capillare e pervasivo, si cerca soltanto una cosa: fare soldi. E dunque, mentre tutti si struggono per capire se alla fine Paolo Scaroni riuscirà a venire nominato presidente – e, salvo sorprese incredibili, alla fine ci riuscirà – molti si dimenticano come si è arrivati qui.
Quando nel dicembre 2016 l’Unicredit guidata da Jean Pierre Mustier decise di vendere Pioneer Investments ad Amundi, pare che Matteo Renzi si sia – per usare un eufemismo – piuttosto seccato. L’alternativa, infatti, era che finisse nelle mani di Poste Italiane. Oggi il fondo francese, proprio grazie a Pioneer, detiene lo 0,68% delle azioni di Enel e il suo voto sarà decisivo in assemblea: sceglierà la lista del Mef, quella di Assogestioni o preferirà quella di Covalis?
Questo è il punto fondamentale: quando si cedono asset strategici all’estero non si deve tanto indulgere sulla retorica stucchevole dell’italianità. L’importante, in quel caso, è che si mantengano i livelli occupazionali e gli investimenti nel Paese. No, il problema è ben più complesso e “strategico”: si depaupera il governo di un “puntello”. Perché è naturale pensare che Poste non sarebbe andato contro il soggetto che ne definisce la governance e che è il suo principale azionista.