Economia
Eurobond, l'arma per volare che nessun vuole. Con lo spettro dell'Ucraina
La ricostruzione costerà almeno 400 miliardi: come pagheremo questa cifra se non con strumenti di debito comune?
Eurobond, l'arma per volare che nessun vuole. Con lo spettro dell'Ucraina
Si cercano disperatamente "asset sicuri". Questa è la richiesta del mercato, questa è la richiesta dell'Unione Europea. Fin dal giorno della prima emissione di eurobond per finanziare il NextGenEU, avvenuta il 15 giugno 2021, è stato chiaro: si sta aprendo una nuova era. Accanto ai T-bond americani, ai Gilt britannici, ai Bund tedeschi e ai Btp italiani, ora ci sarà una presenza stabile di titoli del Tesoro europei, pronti a soddisfare la sete insaziabile dei mercati di investire in modo sicuro e a finanziare la crescita dell'Unione. Tuttavia, nonostante la crescente necessità, il Tesoro europeo non è ancora una realtà. Sono trascorsi tre anni e le ricerche per creare questi titoli sono state finora infruttuose.
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Affari&Finanza riporta che questi tre anni sono stati caratterizzati da sfide tremende, dall'inflazione alle tensioni geopolitiche come la guerra in Ucraina e nel Medio Oriente. Nonostante ciò, non è stato trovato un accordo. La prima emergenza è stata l'Ucraina, che ha messo alla prova la volontà dell'Europa di unirsi. L'Europa ha promesso di istituire un fondo speciale da 100 miliardi di euro per aiutare le popolazioni colpite a ricostruire il loro futuro, oltre agli aiuti nazionali.
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Tuttavia, il percorso per il fondo è stato bloccato dalla Germania e da altri Paesi "frugali". Nonostante il tentativo della premier estone Kaja Kallas di rilanciare il progetto con una proposta più ambiziosa, che vedrebbe una maggiore integrazione economica tra i 27 Paesi, i progressi sono stati limitati. Angelo Baglioni, economista della Cattolica, sottolinea che prima di pensare a un bilancio comune, l'Europa deve risolvere molte questioni, dall'unione monetaria al mercato unico dei capitali.
Giovanni Tria, economista di Tor Vergata e ex ministro del Tesoro italiano, concorda sulla necessità di risorse proprie per l'UE, suggerendo una tassa comune, come una sales tax, interamente devoluta a Bruxelles. Tuttavia, la questione della sovranità fiscale rimane un ostacolo significativo. La situazione finanziaria dell'UE è attualmente fragile, basata su versamenti dell'Iva, proventi dei dazi e contributi statali. La situazione potrebbe migliorare con l'implementazione della carbon border tax e tasse sulle attività digitali, ma siamo ancora lontani dal creare un vero "asset sicuro" europeo. La mancanza di una garanzia solidale e la resistenza dei Paesi membri complicano ulteriormente la situazione.
Infine, la complessità delle finanze europee è evidenziata dalle dispute sull'utilizzo degli asset russi congelati o degli interessi su di essi, e dal costo della ricostruzione in Ucraina, che sarà in gran parte a carico dell'UE. Nonostante le sfide, l'obiettivo di creare "asset sicuri" europei rimane cruciale per garantire stabilità e crescita nell'Unione. il costo della ricostruzione ricadrà sull'Ue in massima parte, visto che giustamente è stato promesso a Kiev il rapido ingresso nel "club": il conto è arrivato a 411 miliardi secondo la World Bank. Il Pil ucraino era nel 2019 di 154 miliardi e chissà dove sarà oggi. E la guerra non è ancora finita.