Economia
Extraprofitti sulle banche? Revisione "politica" che non conviene a nessuno
Il governo sta sottovalutando la tassa a carico delle banche dato che un quarto del debito pubblico italiano è in mano agli istituti di credito. L'analisi
Sembra invece marginale la questione dei maggiori profitti su bot e btp sollevata in questi giorni. Secondo fonti riservate del Tesoro, sul totale dell’incremento del margine d’interesse nel 2022 rispetto al 2021 (circa 16 miliardi di euro), l’apporto dei guadagni aggiuntivi garantiti dai titoli di Stato alle banche è, in termini percentuali, attorno allo zero virgola, poche centinaia di milioni di euro: molto poco, insomma. Ne consegue che la tassa sugli extraprofitti non colpirebbe più di tanto quello che le banche si portano a casa investendo sul debito pubblico: qualche decina di milioni di euro sui 2-3 miliardi complessivi stimati. Insomma, nessun allarme né rischi da questo punto di vista.
Di là dai dettagli tecnici e statistici, è evidente che il peso, anche politico, delle banche nella gestione delle casse statali non potrà essere ignorato nell’iter parlamentare di conversione in legge del decreto che il consiglio dei ministri ha approvato, a sorpresa, lunedì 7 agosto. È assai probabile, insomma, che le ripercussioni sulle finanze pubbliche derivanti dalla norma contro le banche possano in qualche modo ispirare chi si appresta a redigere gli emendamenti al provvedimento d’urgenza.
I rappresentanti delle banche hanno individuato le “colombe” soprattutto nelle file di Forza Italia: il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è il principale sponsor di correttivi che dovrebbero fortemente limitare l’impatto della stangata fiscale sugli istituti di credito. La norma non verrà stravolta nella sostanza, ma sarà significativamente limitata nella sua portata finanziaria con il gettito finale tagliato, forse, a poco più di 1 miliardo. Emergerà così, plasticamente, la natura populista di un intervento che appare sempre più figlio della ricerca del consenso politico e sempre meno generato da una affinata strategia per migliorare la gestione delle finanze pubbliche.