Economia
Generali, l’assemblea si avvicina e le truppe si schierano
Mediobanca e DeAgostini vogliono confermare Donnet, mentre Del Vecchio e Caltagirone puntano al cambiamento
Conto alla rovescia verso lo scontro tra visioni molto diverse
Mancano 16 giorni al più importante appuntamento finanziario degli ultimi anni: l’assemblea di Generali, infatti, sarà il momento in cui si scontreranno liste diverse, approcci differenti e perfino capitalismi opposti. Da una parte quello del salotto buono di Mediobanca e di DeAgostini, che vogliono dare continuità al progetto e mantenere Philippe Donnet al timone. La convinzione è che è vero che non ci sia stata un’attività estrema dal punto di vista del M&A e che la capitalizzazione di Generali si sia ridotta, in percentuale, rispetto a quella dei due grandi competitor Allianz e Axa. Ma è ancora più vero che il ritorno per gli azionisti sia stato il più importante del comparto. Nei sei anni di gestione del manager francese gli azionisti hanno ricevuto complessivamente 9,48 miliardi di dividendi.
Fondazione Crt a favore piano lista Caltagirone Il consiglio di amministrazione della Fondazione Crt si e' espresso oggi pomeriggio a favore del piano connesso alla lista presentata dal Gruppo Caltagirone in vista dell'assemblea di Assicurazioni Generali del 29 aprile, "ritenendolo particolarmente apprezzabile per gli obiettivi di crescita ambiziosi e sostenibili, in grado di assicurare le migliori prospettive del Gruppo Generali in ottica Paese". Lo comunica l'Ufficio stampa della Fondazione Crt. |
Dall’altra parte c’è la visione di Del Vecchio e Caltagirone, due imprenditori liquidi e di straordinario successo che vogliono avere un peso direttamente proporzionale all’investimento profuso nel Leone anche in consiglio di amministrazione. Entrambi imputano a Donnet scarso coraggio e poco desiderio di condividere la governance, accentrando su di sé la quasi totalità del processo decisionale. Nel mezzo una pletora di azionisti che devono decidere da che parte stare e a quale lista dare il loro voto. A quella del cda uscente, che ha ricevuto il placet anche dei proxy advisor Glass Lewis e Iss, da sempre molto potenti quando si tratta di “consigliare” la strada da seguire? O quella di Caltagirone che vede il tandem Cirinà-Costamagna per provare a dare nuovo corso al Leone?
Si vedrà. Intanto però si registrano tre movimenti importanti. Il primo, normativo: la Consob ha dato ragione a Mediobanca sulla liceità dei diritti di voto derivanti anche dalle azioni in prestito. Piazzetta Cuccia si presenterà in assemblea con il 17,27% dei diritti di voto.
Secondo: il consigliere Paolo Di Benedetto, come riporta oggi Verità e Affari, ha ceduto il suo pacchetto di azioni con un realizzo intorno ai due milioni di euro e una plusvalenza di circa 350mila euro. L’ha fatto nei giorni in cui il titolo del Leone era sopra i 20 euro per azione. Voci accreditate riferiscono ad Affaritaliani.it che il manager appartenga a quelli più scettici tra chi siede nel cda del Leone e che la mossa non ha colto di sorpresa nessuno a Trieste.
Terzo: come riportato lo scorso 29 marzo da Radiocor, Francesco Gaetano Caltagirone detiene complessivamente il 9,52% di Generali, pari a 150,5 milioni di azioni. Significa che ai valori odierni l’imprenditore romano ha un pacchetto del valore di circa 2,87 miliardi di euro. Qui la questione si fa un po’ più tecnica ma molto interessante. Una quota del 2,5% delle Generali, detenuto dalla VM 2006 che fa parte della galassia Caltagirone, è in derivati che conferiscono al costruttore romano la possibilità di vendere a scadenza. Secondo fonti accreditate la data limite sarebbe il 17 giugno e il valore (in gergo tecnico “strike price”) di questi derivati è di 18 euro per azione.
Caltagirone ha siglato un accordo per l’acquisto e vendita di opzioni put e call. Un modo per tutelarsi – assolutamente lecito, sia ben chiaro – per cui il costruttore si tutela da ulteriori saliscendi del prezzo. Nel caso lo strike price sia maggiore del prezzo corrente, si avrà l’attivazione dell’opzione put, in caso contrario di quella call. In questo modo, l’imprenditore romano – che ama essere definito come il più “liquido” d’Italia – si troverebbe in una logica “win win”. Mica male, insomma, per una logica decisamente forse più da trader che da imprenditore che voglia portare avanti un investimento strategico per lungo tempo. Ma vale sempre il titolo quinto professato da Cuccia: chi ha i soldi, ha vinto.