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Economia
Fincantieri, i 20 anni di Giuseppe Bono. Ricavi passati da 2,2 a più di 7 mld

I dipendenti sono raddoppiati, da 10 a 20mila unità


Viene da chiedersi che cosa potesse fare di più – e meglio – Giuseppe Bono per potersi gustare un ultimo giro di valzer a Genova, al timone (è il caso di dirlo) della sua Fincantieri. L’ultimo bilancio finanziario, relativo all’anno 2021, è stato pubblicato lo scorso 5 aprile e, a posteriori, sembra quasi il testamento del manager. Difficile, infatti, in un documento come la relazione sui conti vedere un paragone tra il 2002 (primo anno dell’era Bono) e il 2021.

Venti esercizi, dunque, in cui tutto è cambiato per l’azienda: il business, prima di tutto, che ha iniziato a diversificarsi e a concentrarsi anche sull’energia, sul digitale e perfino sulle “furniture”, cioè gli arredamenti ad alto valore aggiunto. Nel 2002 il carico complessivo di lavoro era di 6 miliardi, lo scorso anno si è chiuso oltre quota 35; i ricavi sono passati da 2,2 a più di 7 miliardi, con un Ebitda triplicata da 164 a 500 milioni di euro. E i dipendenti sono raddoppiati, da 10 a 20mila unità.

Non sono numeri banali, resi ancora più interessanti dal fatto che con Bono Fincantieri ha iniziato ad avere un certo rilievo sullo scacchiere internazionale, passando da essere presente solo in Italia a poter fare la voce grossa per l’acquisizione dei cantieri Saint Nazaire (operazione bloccata dal governo francese).

Allora la domanda sorge spontanea: perché sostituire Bono? Oltretutto con un’operazione che ha lasciato di sasso tutti gli analisti, convinti che il manager sarebbe stato “promosso” presidente con deleghe. L’unico ad aver scritto che c’era la possibilità di una “debonizzazione” di Fincantieri è stato Guido Paglia proprio il 5 aprile scorso.

Tra l’altro, la nomina di Pierroberto Folgiero come nuovo amministratore delegato è quella che gli anglosassoni chiamano una “safe choice”, nel senso che il manager romano ha un track record immacolato e ha saputo far crescere Maire Tecnimont grazie anche allo studio di nuove tecnologie, soprattutto quella dell’idrogeno.

Ma per il posto di presidente, con la scelta del generale Claudio Graziano si fatica a comprendere la strategia di Draghi e del suo esecutivo, come rimarca anche Dagospia. Perché prendere il capo di gabinetto di Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza in un momento storico come quello attuale e portarlo a Genova?

L’Italia ha bisogno di far sentire la sua voce in Europa perché il prezzo calmierato del gas è l’unico argine contro l’esondazione dei prezzi e la possibile recessione autunnale. Se Draghi perde pezzi importanti e non riesce a tenere fermo il punto, oltretutto con l’imminente fine della legislatura, rischia veramente di fare un buco nell’acqua.

Perché allora la scelta di non portare Giuseppe Bono alla presidenza di Fincantieri? Solo per l’età, visto che ha appena compiuto 78 anni? Certo, un tema comprensibile visto il ruolo delicato. Ma rimane difficile comprendere perché privare l’Italia di un rappresentante in Europa per un colpo da “caudillo”.

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