Economia
Revolut, l'app vale 33 miliardi come UniCredit, BancoBpm, Bper e Mps
L'applicazione finanziaria con oltre 16 milioni di clienti in tutto il mondo ha annunciato un round di finanziamento da 800 milioni. Investono Softbank e Tiger
Quarto motivo: se anche gli Npe non saranno quella montagna che tutti si attendevano fino a qualche settimana fa, la fine delle procedure di tutela da parte dei governi (ultimo quello italiano) ha riacceso la preoccupazione per possibili incagli. Le banche hanno riserve di capitale sufficienti a far fronte a un’ondata di crediti non performanti. Ma ovviamente al mercato potrebbe non piacere.
L'amministratore delegato di Bper Piero Montani
Quinto e ultimo motivo: il sistema del fintech è a rischio bolla. Inutile girarci attorno, certe valutazioni sono irreali già sui prodotti fisici (citofonare Tesla), figuriamoci su servizi finanziari così parcellizzati. E allora? Si rischia di andare incontro a grandi passi verso un nuovo crash delle “dot com” come avvenne alla fine degli anni ‘90.
Allora i titoli delle aziende tech venivano venduti come se fossero anche nel caso in cui (come fu costretto ad ammettere un dirigente di una banca d’investimento davanti alla commissione d’inchiesta) fossero state “cacca”.
L'amministratore delegato di Mps Guido Bastianianini
Oggi ci troviamo alla vigilia di un possibile showdown. Alcune fintech, le più avveniristiche, quelle che offrono servizi significativamente diversi dal passato, continueranno a crescere e diventeranno i nuovi Amazon, Facebook o Google. Ma molti altri rischiano di fare la fine di Lycos, valutata 12,5 miliardi di dollari nel 200 e rivenduta in Corea nel 2004 per 95,4 milioni.
Anche allora, come oggi, i tassi bassi avevano spinto gli investitori a cercare nuove fonti di reddito, aumentando il rischio e scatenando una corsa al rialzo che si è poi tradotta in un vero e proprio disastro per molti (ma non per tutti). Sarà così anche questa volta? I segnali ci sono tutti.