Economia
Spread, rischio "escalation" in stile 2011. E a Bruxelles spunta l'ipotesi Mes
"Mattinata devastante sul secondario", dice un trader. Lo spread Btp-Bund tocca quote del 2013 e il rendimento arriva al 3%. Cottarelli: "Livelli preoccupanti"
Questa mattina, a più di qualcuno al Tesoro hanno tremato i polsi. Specialmente dopo le parole del governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, che al quotidiano Der Standard ha rinfocolato i timori sulla capacità di intervento della Bce a sostegno dei titoli di Stato dell'Eurozona, Btp in testa.
Vedere la pioggia di vendite sui decennali italiani mentre da Francoforte l'Eurotower per bocca di Isabel Schnabel ha corretto il tiro facendo sapere di aver iniziato i propri interventi “con decisione sui mercati da giovedì scorso”, con lo spread sui pari durata tedeschi che è volato a 330 punti base, superando i picchi del 2018, e tornando su livelli che non si vedevano da marzo 2013, ha fatto tornare la mente di molti a quella lenta escalation del 2011.
Salita culminata il 9 novembre 2011, quando il differenziale arrivò a toccare il massimo storico dei 574 punti per un rendimento dei titoli di Stato italiani a un passo dal 7%, livello ritenuto da molti come un punto di non ritorno che avrebbe aperto la porta alla vecchia Troika. Oggi il rendimento toccato dai decennali italiani è stato poco meno della metà: il tasso ha sfondato il tetto del 3%. "Non c'è una notizia particolare o un movimento solo sui titoli italiani", ha spiegato il trader di una sala operativa: "Tutti i titoli europei sono in negativo, oltre ai nostri anche Portogallo, Gran Bretagna, Francia e Danimarca sono stati segnati dalle vendite", ha aggiunto.
La volatilità ha dominato il reddito fisso: "L'apertura è stata devastante, poi un recupero e a metà seduta sono riprese le vendite con i rendimenti sopra il 3%”. Solo nel pomeriggio c’è stata una completa inversione a “U” per i Btp grazie all'intervento della Banca d'Italia per conto della Bce. Così, dopo aver toccato i massimi da 7 anni, il differenziale con i Bund è ripiegato sotto i 250 punti (249) con il rendimento sceso al 2,25%. 267 il valore a fine giornata.
Sullo sfondo qualche punto interrogativo sulla sostenibilità del nostro debito pubblico torna a riaffiorare prepotentemente nella testa degli investitori, perché, mentre nei prossimi trimestri l’economia italiana finirà in forte recessione, il deficit/PIl schizzerà ben oltre il 3% per le misure del governo Conte anti-emergenza coronavirus. Rapporto che potrà peggiorare in una seconda fase, facendo salire anche quello debito/Pil, per ulteriori interventi da mettere in campo per salvare comparti che potrebbero finire sotto stress. Per qualche analista l'Italia va verso un calo del Pil 2020 fra il -6 e il -10%, e così il debito corre spedito come un treno verso il 150, forse 160% del Pil.
L'economista Carlo Cottarelli
Insomma, dinamiche già viste dopo la crisi del 2009 che, dopo aver gonfiato i debiti pubblici, hanno posto le basi per lo scoppio della crisi dell’eurodebito. “Dobbiamo iniziare a preoccuparci per lo spread, perché è necessario mantenerlo basso”, ha spiegato ad Affaritaliani.it l’economista Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano. “Più che lo spread - ha aggiunto Cottarelli - interessa il tasso sui titoli di Stato che sui Btp questa mattina è arrivato intorno al 3% e poi è sceso intorno al 2,7%. Si tratta ancora di livelli bassi, ma bisogna iniziare a preoccuparsi e gli interventi della Bce sono stati utili per evitare che la situazione si avvitasse ulteriormente. Per fortuna non siamo ancora a quel livello, ma il rischio di un avvitamento in stile 2011 c’è”.
Quali potrebbero essere gli interventi per mettere un freno definitivo alle forti vendite sul mercato, invertendo il trend? “Ci vuole un equivalente del whatever it takes di Mario Draghi del 2012, un segnale che arrivi dalla Bce”.
Intanto, a Bruxelles, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg, si comincia a ragionare su una possibile attivazione del fondo salva-Stati europei, il Mes (European Stability Mechanism), per contenere l'impatto della crisi del coronavirus proprio sul mercato del debito sovrano. All'ipotesi starebbero lavorando alti funzionari europei alla luce delle forti tensioni registrate su alcuni mercati e, in particolare, per ciò che riguarda lo spread fra Btp e Bund tedeschi.
Klaus Regling, direttore generale del fondo salva-Stati
Il Mes, secondo il piano in considerazione, aprirebbe delle linee di credito multiple a favore dei governi europei. In aggiunta a mettere sul tavolo 410 miliardi di euro di finanziamenti del Mes per abbassare i costi di finanziamento, il piano aprirebbe la porta alla Bce per comprare ampie quantità di bond sovrani attraverso il suo programma Omt qualora la stabilità dell'eurozona fosse in pericolo.
Secondo l'agenzia americana le discussioni hanno conosciuto un'accelerazione nel corso delle ultime ore a fronte del drastico peggioramento del mercato del debito sovrano, ma al momento non è ancora stata presa alcuna decisione. Il fondo salva-Stati è sostanzialmente inattivo dal 2018 quando la Grecia è uscita dal programma di aiuti mentre l'Omt (Outright Monetary Transactions), annunciato da Draghi ad agosto del 2012, non è mai stato utilizzato.
@andreadeugeni