Economia
Inflazione e tassi, Wall Street ancora attraente: ecco dove investire
Il commento di Simone Obrizzo, Junior portfolio manager azionario, AcomeA SGR
Tra inflazione e rialzo dei tassi, puntare su titoli finanziari, healthcare e... Commento
Negli ultimi cinque anni il federal budget statunitense è diventato pro-ciclico: abbiamo quindi assistito alla riduzione del saldo primario (la differenza tra le entrate e le spese del governo escluse le spese per gli interessi sul debito) come percentuale del GDP (il deficit è aumentato), mentre l’economia è rimasta forte. Negli ultimi 30 anni, invece, una politica monetaria restrittiva è stata correlata con una politica fiscale restrittiva, rinforzandosi vicendevolmente ed agendo controciclicamente.
A oggi abbiamo assistito a una repentina crescita dei tassi Fed fund e il deficit primario è incrementato di 4 punti percentuali nell’ultimo anno, arrivando a segnare circa il 5% del PIL. In questo scenario l’economia continua a crescere e attualmente il tasso di disoccupazione è al 3.8%, ci sono 1.5 offerte di lavoro per ogni disoccupato, il dato del Pil del secondo trimestre annualizzato è 2.1% e le stime annualizzate sul terzo trimestre sono intorno al 2-2.5%.
L’inflazione al 3.2%, inoltre, sta diminuendo velocemente: se guardiamo gli ultimi 3 mesi annualizzati i prezzi al consumo si attestano al 2%. Per quanto riguarda le stime degli utili dell’S&P 500 per il 2023, ci si aspetta che si posizionino al +1.4% rispetto all’anno precedente, per poi accelerare al +9.9% nel 2024 e +10% nel 2025 (negli ultimi 30 anni la crescita media degli utili è stata del +7% annuo). Il multiplo del mercato a oggi è di circa 20 volte, 3 punti sopra la media storica. In questo contesto i futures sui tassi di interesse a breve prezzano il primo taglio dei Fed Fund alla fine di marzo 2024 segnalando, quindi, una vittoria sull’inflazione con un’economia che è ancora resiliente.
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Passando ad analizzare i tassi reali, il 2 anni americano ha un rendimento del 3%, il 10 anni del 2%, i più alti dalla crisi finanziaria del 2008. Il mercato sta scontando un processo di deglobalizzazione e una riduzione del tasso di risparmio degli americani per giustificare un più alto tasso di interesse neutrale, cioè un tasso reale di equilibrio di lungo periodo che implica piena occupazione e inflazione stabile. Tuttavia, osservando il livello del commercio globale vediamo che siamo ancora sui massimi e l’assunzione che il tasso strutturale di risparmio sia il 3.5% (dato odierno) è a mio avviso difficile considerando che tra il 2008 e il 2019 è passato dal 5% al 9%.
Osservando il lato dei consumi vediamo che i risparmi in eccesso accumulati durante il Covid-19 e aggiustati per l’inflazione a oggi sono esauriti. Questi ultimi sono inoltre messi sotto pressione da interessi più alti e dalla ripresa, in ottobre, del pagamento delle tasse universitarie. Con il tasso di risparmio basso il credito al consumo in aggregato è cresciuto del 20% rispetto al 2019 e anche il tasso di interesse sulle carte di credito è arrivato al 20%. Metà della popolazione americana ha circa il 40% della sua ricchezza in immobili e l’80% dei mutui è a tasso fisso. L’attuale tasso trentennale sui mutui è al 7.5%, il più alto dal 2000, e i nuovi acquirenti stanno diminuendo, come dimostrano i dati sulle vendite delle case. Tutti questi fattori hanno portato pressione sulla fiducia dei consumatori che è ai livelli del 2009 ma che, a oggi, sta risalendo velocemente.