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Esteri
Coronavirus, Belt and Road sanitaria anche in Spagna. E l'Italia guarda a Seul

Gli aiuti (e la strategia) cinese continuano. Dopo il primo volo China Eastern arrivato a Roma lo scorso venerdì, sono in arrivo altri materiali dal "Regno di Mezzo" all'Italia. In partenza da Shanghai c'è un nuovo aereo che atterrerà a Milano, portando nove tonnellate di materiali sanitari tra mascherine, monitor, kit per i test e ventilatori polmonari. Alcuni sono delle donazioni di associazioni o enti cinesi, altri (come i ventilatori polmonari) sono materiali acquistati dall'Italia.

In arrivo anche un secondo team di medici cinesi specialisti nei settori di pneumologia, terapia intensiva e malattie infettive. L'arrivo della nuova squadra è stato confermato da Giulio Gallera, l'assessore al Welfare della Regione Lombardia, che accoglierà anche dei medici in arrivo dagli Stati Uniti. Mercoledì alle 16,30 il vicepresidente regionale Fabrizio Sala accoglierà la delegazione cinese a Malpensa. Non sarà l'ultima ad arrivare in Italia, visto che si prevede l'impiego di un contingente molto più nutrito nelle prossime settimane.

La Cina, che nel frattempo continua a vedersi ridotti i numeri di contagi interni, esporta la nuova "Via della Seta sanitaria" non solo in Italia ma anche in altri paesi occidentali (e non) colpiti dalla pandemia. A partire dalla Spagna. Dopo aver parlato con Sergio Mattarella e Giuseppe Conte negli scorsi giorni, il presidente Xi Jinping ha avuto un colloquio telefonico con Pedro Sanchez. "La Cina farà del suo meglio per garantire sostegno e assistenza alla Spagna nella lotta contro la Covid-19", ha detto Xi secondo quanto riportato da Xinhua. E i primi aiuti sono già arrivati con un volo cargo di materiale sanitario che è atterrato a Saragozza. Ma la nuova declinazione della Belt and Road Initiative è pensata per essere globale. Un segnale arriva anche dall'invio di mascherine persino negli Stati Uniti, il grande rivale di Pechino, seppur in questo caso attraverso l'iniziativa privata di Jack Ma e Alibaba.

Nel frattempo, pur se molto più sotto traccia, l'Italia guarda anche ad altri modelli di "contenimento" dell'emergenza sanitaria. In particolare alla Corea del Sud (della strategia di Seul avevamo già parlato qui). Come si scopre leggendo Hankyoreh (media sud coreano in lingua inglese), nella giornata di domenica c'è stata una videoconferenza tra il ministero degli Esteri di Seul e altri cinque omologhi. Tra di loro anche Di Maio, oltre ai rappresentanti della diplomazia di Germania, Australia, Canada e Brasile. Un confronto, richiesto dal Canada, durato 70 minuti e nel quale il ministro di Seul, Kang Kyung-wha, ha informato i colleghi delle strategie messe in atto dal suo governo per ridurre la diffusione del virus. Una strategia (per ora) vincente e basata non su quarantene o "lockdown" ma su tamponi a tappeto di massa con postazioni di controllo anche lungo le strade (metodo che diminuisce le possibilità di trasmissione virali e accelera la velocità del test) e tanta tecnologia, anche a scapito della privacy. Dopo essere diventata il secondo paese al mondo con più casi, la Corea del Sud è riuscita ad abbattere l'aumento dei contagi, con la curva che continua ad abbassarsi.

Il modello di Seul piace anche a Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva ne ha parlato apertamente in una diretta Facebook. "In Corea del Sud non soltanto curano e testano ma tracciano. Con il telefonino oggi puoi seguire le persone e utilizzare il movimento delle persone per ridurre i rischi del contagio. Questo utilizzo capillare può permettere nei prossimi giorni di ridurre il numero dei contagi e anticipare i tempi della cura. Si tratta di cedere un po' di privacy ma stiamo anche rinunciando ad alcune libertà costituzionali", ha detto il leader di Italia Viva.

Chi già sta procedendo con tamponi a tappeto è la Regione Veneto. Il governatore Luca Zaia ha dichiarato di voler continuare a testare a "spron battuto", anche a spese del bilancio. L'idea è quella di replicare quanto già fatto a Vo' Euganeo, dove il doppio tampone per tutti a distanza di due settimane ha portato ad azzerare i contagi. 

Ormai sembra chiaro che la pandemia non sparirà da un giorno all'altro, neppure da un mese all'altro. Bisognerà conviverci per un po'. Adattare l'apparato tecnologico dell'Italia per far fronte a situazioni come questa non può più essere un'idea, ma un obbligo.

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