Esteri

Etiopia, bombardata la fabbrica Mesfin Engineering nella regione del Tigray

di Marilena Dolce

L’aviazione di Addis Abeba sta attaccando le fabbriche di munizioni e di materiale bellico del capoluogo tigrino

Perché l’Occidente di questa guerra vede solo una faccia della medaglia, quella degli abusi in Tigray ma non quanto inflitto dal braccio armato del Tplf, nelle regioni Amhara e Afar? “Questa diversità è dovuta alla differente capacità degli attori in campo di fornire una rappresentazione degli eventi alla comunità internazionale. La controffensiva del Tplf nella regione Amhara ha ricevuto una copertura mediatica inferiore per la capacità tigrina di dominare i repertori concettuali cari a parte della comunità internazionale, toccando tasti come il rischio di crisi umanitaria, carestia e finanche genocidio”, dice Luca Puddu, che prosegue , “inoltre la presenza di ex ufficiali del Tplf nelle alte sfere della burocrazia internazionale è stata un megafono per queste istanze. Qui però non si tratta di fare gerarchie tra catastrofi maggiori o minori. Volenti o nolenti il rilievo mediatico del Tplf è maggiore perché loro in Etiopia sono stati un partito di governo per trent’anni, attaccato ora da un uomo insignito con il premio Nobel per la Pace…”.  

In un conflitto che è una feroce guerra di parole e immagini, anche i numeri combattono tra loro non rendendo semplice la comprensione dei fatti. La comunità internazionale, con le proprie diverse agenzie governative e non, fin da subito, parla di crimini di guerra, ritenendo necessario un intervento a garanzia dei diritti umani. Perciò il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite propone sanzioni contro Etiopia ed Eritrea, bloccate dai voti contrari di Cina, India e Russia. Passeranno invece le sanzioni sui viaggi emesse dall’Unione Europea. 

Nel frattempo si decide che nel Tigray sia necessario l’invio di camion carichi di aiuti internazionali per evitare che la fame diventi un’arma contro i civili. Secondo il portavoce delle Nazioni Unite ne dovrebbero arrivare cento al giorno, invece ne sarebbero arrivati solo trecentoventi in tre mesi. Questo per colpa del governo etiopico, dice Samantha Power, UsAid. Addis Abeba il 4 settembre risponde a tale accusa asserendo che in una settimana sono entrati circa cinquecento camion carichi di aiuti. Poco dopo a queste cifre si aggiungerà quella dei camion tornati vuoti, solo 38 su 466, così scrive in un tweet l’agenzia UN in Etiopia.