Esteri
Guerra in Medio Oriente/ Espulsione, insediamento, annessione: ecco il piano di Israele per annientare Gaza
Ultranazionalisti al confine di Gaza chiedono l’annessione della Striscia e espulsione dei palestinesi. Ben Gvir: incoraggiamoli a emigrare
Guerra a Gaza: espulsione, insediamento, annessione
Mentre Blinken è in turneè in Medioriente, per l’undicesima volta, e i bombardamenti israeliani infuriano da nord a sud – in 19 giorni, solo nel nord di Gaza, sono state uccise oltre 700 palestinesi-, lunedì scorso, di fronte al Corridoio Netzarim, è stata organizzata una grande conferenza ultranazionalista alla quale hanno preso parte alcuni ministri e membri del partito Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu.
Ordine del giorno, secondo quanto riportato da Times of Israel, è ripristinare gli insediamenti ebraici a Gaza e sollecitare l'emigrazione palestinese dal territorio devastato dalla guerra. Nel suo intervento, il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha affermato che "La Terra di Israele è nostra", aggiungendo che "incoraggiare l'emigrazione" dei residenti palestinesi del territorio è “la soluzione migliore e più etica" al conflitto. La loro espulsione “non dovrebbe essere fatta con la forza", ma piuttosto “dovrebbe essere detto che Israele sta dando loro la possibilità di andare in altri paesi”.
La titolare del Ministero per l'Uguaglianza sociale, Flora May Bedra-Golan, classe 1986, ha dichiarato nel corso del suo intervento che "togliere territorio" agli arabi è ciò che "li ferisce di più" e che gli insediamenti a Gaza “rafforzano la sicurezza di Israele”.
Della partita anche il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. Secondo quanto riferisce sempre Times of Israel, durante il tragitto per arrivare all'evento sembra abbia detto che “la Striscia è parte della Terra di Israele" e che "senza insediamenti, non c'è sicurezza". Nel corso del suo intervento ha precisato che la conferenza “fa parte di un processo di promozione presso la pubblica opinione inteso a promuovere un progetto pratico di insediamento sionista pionieristico". Ha osservato, tuttavia, che il dibattito nazionale sulla ricostruzione degli insediamenti a Gaza sarà da discutere “il giorno dopo la fine della guerra" e che sarà deciso "nei normali modi democratici". Lo scorso 9 giugno, in un video che lo riprendeva in occasione di un evento privato, a una platea di coloni della Cisgiordania occupata, Smotrich confidava che il governo era “impegnato in uno sforzo clandestino per cambiare irreversibilmente il modo in cui il Territorio è governato, e per consolidare il controllo di Israele su di esso senza per questo venire accusato di annetterlo formalmente”. Dei suoi piani di annessione e deportazione ho scritto già nel mese di maggio, mettendo in guardia fin da allora sui reali disegni e intenzioni di Israele circa la Striscia e la Cisgiordania. https://www.affaritaliani.it/esteri/gaza-emigrazione-o-annientamento-ultimatum-dietro-il-conflitto-917461.html
Quel che è andato in scena lunedì, dunque, non meraviglia se letto alla luce della visione d’insieme del progetto coloniale insediativo israeliano che cammina di pari passo con la pulizia etnica dei palestinesi. Un progetto che non è iniziato il 7 ottobre ma ben un secolo fa. Quello a cui stiamo assistendo è un’accelerazione, mai vista prima, di un piano antico mai abbandonato, condiviso da molti governi israeliani e che l’insipienza e il complice silenzio dell’Occidente ha permesso e permette di attuare. E che il problema non sia Netanyahu e il suo governo, del quale era presente anche il ministro del Negev e della Galilea Yitzhak Wasserlauf, del partito ultranazionalista Otzma Yehudit di Ben Gvir, in compagnia dei parlamentari del Likud Avichay Buaron, Tali Gotliv e Ariel Kallner, lo dimostra il fatto che in Israele oltre il 75% della popolazione è schierata col governo e ne condivide sempre di più azioni e scelte. Non va inoltre sottovalutato il fatto che la stampa in Israele è fortemente censurata e la maggior parte dei suoi cittadini non è al corrente di quello che succede veramente a Gaza, così come in Cisgiordania e tanto meno in Libano. Alla stampa internazionale è stato vietato l’accesso a Gaza, fin dal 7 ottobre. E da allora sono oltre 178 i giornalisti che sono stati uccisi nella Striscia, a volte sterminati insieme alle loro famiglie.
Al Jazeera, l’unica testata che riportava senza sosta le notizie taciute dal mainstream, è stata oscurata anche in Cisgiordania, i suoi uffici chiusi dall’esercito e tutte le attrezzature sequestrate. Nessun occhio, oltre quello dei pochi giornalisti sopravvissuti a Gaza, è in grado di mostrare e raccontare la strage quotidiana di civili, donne bambini. Solo una piccola parte di cittadini israeliani, come d’altra parte quelli di tutti gli altri stati sparsi per il mondo, va a cercarsi le notizie su canali trasversali, siti alternativi o legge articoli della stampa indipendente. Hareetz, quotidiano progressista di sinistra israeliano, molto critico nei confronti del governo, paragonabile al nostro Il Manifesto, ha la sua stessa percentuale di lettori. Una minoranza che non può far la differenza. I social, soprattutto Instagram e Tik Tok, diffondono senza sosta le crude immagini di Gaza, del Libano e della Cisgiordania. Eppure in molti preferiscono ignorarle.
Prepararsi a colonizzare Gaza, questo il titolo della manifestazione, è stata organizzata da Nachala, organizzazione radicale di coloni israeliani che da anni promuove l'istituzione di insediamenti in Cisgiordania e ora sta sostenendo politiche simili per Gaza. È la seconda a tenersi quest'anno, dopo quella di Gerusalemme dello scorso gennaio, che ha sollevato la condanna internazionale. Dietro tutto questo c’è la leader e veterana dei coloni, Daniella Weiss. Secondo lei, dopo il massacro del 7 ottobre, gli abitanti della Striscia hanno “perso il diritto” di viverci. “Lì non devono restare. Siamo venuti qui per colonizzare l'intera Striscia di Gaza, da nord a sud". Secondo la Weiss, della quale ho scritto diversi mesi fa (quando in Italia il silenzio regnava ancor più sovrano di oggi, https://www.affaritaliani.it/esteri/gaza-biglietto-sola-andata-per-l-inferno-cisgiordania-far-west-degli-ebrei-921855.html), i palestinesi devono andarsene. “Andranno in altri paesi, convinceremo il mondo. Possono andare in Canada, in Africa, in Sud America”. O magari anche in Ucraina o Russia, da dove la maggior parte dei coloni israeliani provengono. Weiss ha anche detto che Nachala ha già creato sei "gruppi di insediamento" per un totale di 700 famiglie. “Sono pronte a stabilire nuovi insediamenti a Gaza qualora si presentasse l'opportunità”.
Haim Waltzer, un residente dell'avamposto di Evyatar in Cisgiordania, recentemente legalizzato, ex residente degli insediamenti di Gush Katif a Gaza, smantellati nel 2005 da Ariel Sharon, a Time of Israel ha dichiarato: "Insediare la terra è la missione della mia vita. La vera ragione è che Dio ci ha comandato [di colonizzare la terra] quando ci ha dato la terra 3.000 anni fa, come è scritto nella Bibbia". E poi ha aggiunto: "Siamo una nazione di pace, vogliamo solo la pace. Ma non credo che abbiamo un partner per la pace. L'unico modo in cui ci sarà tranquillità a Tel Aviv è colonizzare Gaza. L'unica cosa che gli interessa è la terra. Portargliela via e insediarsi lì, gli farà sentire che abbiamo vinto noi e loro sono stati sconfitti".
Fuori dal perimetro che cingeva l'area designata per la conferenza, nella quale erano state montate le tende di Sukkot in onore della festività ebraica che cade in questi giorni, protetta da un cordone di polizia che non li ha lasciati passare, decine di dimostranti antigovernativi, tra cui i residenti delle comunità di confine di Gaza, manifestavano contro l’inopportunità di organizzare un simile evento nell'area. Non perché fosse deplorevole permettere la promozione a cielo aperto di una conferenza che inneggia all’appropriazione indebita della terra altrui, ma piuttosto perché gli ostaggi, molti dei quali residenti nella zona, sono ancora nelle mani di Hamas.
Il puzzle lentamente prende forma. Il disegno è sempre più chiaro: espulsione, insediamento, annessione. Il piano pensato dal generale Giora Eiland, e del quale Haaretz aveva scritto all’inizio di settembre, è operativo da 19 giorni, da quando il nord della Striscia è sotto assedio totale. Obiettivo, “l’espulsione di tutti i palestinesi che risiedono nell’area”, dal corridoio di Netzarim, che taglia in due la Striscia, fino al confine Nord di Gaza. Nel piano, noto come “Piano dei generali”, è indicata anche la tattica: “In tutta questa regione impediremo l’ingresso di qualsiasi fornitura, che si tratti di cibo, acqua o carburante”. In poche parole: ridurre alla fame quasi 300mila persone. Per i palestinesi intrappolati in questa morsa non è prevista altra via di salvezza se non la resa o la fuga nel Sud della Striscia. In caso contrario non resta che morire di stenti o sotto le bombe. Una volta ultimata “la bonifica”, libero da persone o cose, quel pezzo di terra sarà disponibile per l'insediamento ebraico e l'annessione a Israele.
Haaretz avverte: “La questione non è soltanto la guerra attuale, ma il compimento di un disegno coloniale, un piano secolare che ora vede la sua accelerazione inedita. E non è solo il governo Netanyahu a sostenerlo, ma una maggioranza crescente di israeliani”. Le dichiarazioni dei ministri israeliani Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich confermano un piano che, come riportato anche da altre fonti indipendenti, punta non solo alla colonizzazione della Striscia di Gaza ma anche a una pulizia etnica pianificata. Le organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch, continuano a denunciare queste strategie come violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. La questione non è semplicemente politica, ma culturale e storica: l'idea di una "terra promessa" continua a ispirare e giustificare l'espansione e la violenza. La Palestina non è mai stata una terra senza popolo. E il popolo di Israele non può cancellarne un altro sotto gli occhi dell’umanità intera, senza che ciò pesi sulla coscienza collettiva.