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Guerra Ucraina, il piano Draghi sul gas: Algeria, Qatar, Azerbaigian... Mappa

L'Italia cerca fonti alternative di approvvigionamento tra Africa, Caucaso e Medio Oriente. Ma sostituire quei 30 miliardi di importazioni da Mosca sarà dura

Guerra Ucraina, la mappa di Draghi per fare a meno del gas russo

Algeria, Libia, Angola, Congo, Azerbaigian, Armenia, Qatar. Molto meno gli Stati Uniti. L'elenco dei paesi ai quali l'Italia guarda per ovviare alla crisi energetica e ai dubbi sull'approvvigionamento aperti dall'invasione russa in Ucraina. Vladimir Putin infatti ha ribadito con forza che è serio nel voler lanciare la "nuova era delle valute" con l'imposizione del pagamento in rubli sul gas per i paesi ostili. Tra questi, oltre agli Stati Uniti, al Canada e al Regno Unito, c'è tutta l'Unione Europea. Italia compresa.

Le società straniere che acquistano gas russo dovranno avere un conto con doppia valuta presso Gazprombank, l’istituto legato al colosso dell’energia Gazprom. C'è già chi si sta muovendo per provare a ovviare alla situazione. Il governo tedesco sta per esempio valutando la possibilità di nazionalizzare le succursali tedesche delle aziende energetiche russe Gazprom e Rosneft. I piani sarebbero attualmente allo studio del ministero dell'Economia, guidato da Robert Habeck.

La Germania pensa a nazionalizzare le succursali di Gazprom e Rosneft

Secondo quanto riferisce Handelsblatt, alla base della possibile azione del governo di Berlino c'è la preoccupazione per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici in Germania. Gazprom Germania gestisce grandi impianti di stoccaggio del gas. In qualità di operatore di raffineria, Rosneft Germany è un attore chiave nei mercati della benzina, del diesel e del cherosene. Entrambe le società sono attualmente insostituibili sul mercato energetico tedesco.

E l'Italia che fa? Sul tavolo del governo Draghi ci sono tanti rapporti diplomatici internazionali per provare a diversificare le fonti di approvvigionamento. Il nostro paese importa ogni anno 28-30 miliardi di gas dalla Russia. Una prima pista porta all'Africa, a diverse latitudini. Intanto in Algeria, dove il nuovo gas Eni va "sviluppato": l'azienda tornerà a investire, su una licenza ottenuta di recente quando il gas riaffiorerà potrà veicolarne in Italia pochi miliardi in più. Il dossier Angola-Congo invece prevede due impianti di liquefazione, fino a 2 milioni di tonnellate l'anno che potrebbero, dopo il 2023, salpare verso l'Italia; il 10 marzo anche Mario Draghi ne avrebbe parlato, in una chiamata al presidente del Congo Denis Sassou Nguesso.

Gas, l'Italia guarda all'Africa

Più complessa la partita sulla Libia, dove le instabilità politiche hanno un effetto anche sulle attività di estrazione, almeno a livello potenziale se non effettivo. C'è anche l'Egitto, dove per esempio Eni produce molto anche se per il mercato locale. Spostandosi verso est si trova forse ancora più spazio di cooperazione in particolare in Qatar. Non a caso nelle scorse settimane Draghi ha ricevuto a Palazzo Chigi il vice primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, Sceicco Mohammed Al Thani. E lo scambio di vedute si è concentrato proprio sulla collaborazione energetica. Proprio da Doha arriva già circa il 10% del gas naturale importato dall'Italia. Ma Draghi vorrebbe aumentare la percentuale per diversificare le fonti di approvvigionamento minacciate dalle tensioni con Mosca.

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